Perché vent’anni dopo la morta di Marco Pantani ci sono nuovi elementi sulla sua morte? Il quotidiano francese Le Parisien ha intervistato la madre che ha fatto delle rivelazioni inedite e piuttosto shoccanti, non solo per il mondo dello sport ma anche della cronaca nazionale. Quello che fino a oggi si sapeva in merito alla sua scomparsa, avvenuta il 14 febbraio del 2004 all'ultimo piano del Residence le Rose di Rimini, facevano riferimento a un’intossicazione acuta da cocaina e psicofarmaci. Un caso che aveva visto le indagini svolgersi molto velocemente e senza che ci fossero particolari dubbi. Ma la madre ci dà una versione diversa, dopo non essersi mai data pace per ciò che dicevano di suo figlio, per come era stato trattato e per l’esclusione dal Tour de France del 2003: “Mio figlio era molto arrabbiato. Perdonate il paragone, ma si sentiva come una ragazza a cui veniva detto “sei una put*ana e lo resterai per tutta la vita”. Marco mi guardò negli occhi e giurò di essere pulito e che le accuse per cui era stato sospeso erano false. So che questo è vero. Marco ha sofferto terribilmente per la reputazione che gli è stata data. Quando il Tour non lo ha voluto, è stato terribile. Non l’ha mai superata”.
Ma forse il suo è solo lo sguardo di una madre che, pur sapendo in cuor suo come sono andate le cose, non riesce ad accettare che suo figlio si sia suicidato? “Certo che penso con il cuore. Ma dopo la tragedia, ho speso tanti soldi per assumere avvocati e scoprire di cosa fosse accusato. Ho studiato tutto. Per settimane, sul mio grande tavolo di casa, ho avuto decine di documenti per capire tutto: l’ingiustizia delle accuse e il mistero del suo omicidio. Ufficialmente si trattava di suicidio, con un mix di cocaina e antidepressivi”. E ufficiosamente? “Una bugia. Mio figlio non si è suicidato. Amava la vita. Amava cantare, per esempio. A casa ho ancora il suo lettore di karaoke. Anche se era deluso dalle persone che si occupavano del suo sport, voleva vivere. So che lo voleva. Gli è stata data una falsa immagine con la depressione”. Ma se non si è trattato di un suicidio, allora di chi è la colpa? “Sono arrabbiata con Giuseppe Martinelli, all’epoca suo ex direttore sportivo. Sapeva che Marco aveva assunto farmaci dopo la sua sospensione. L’inverno precedente lo ha portato a Riccione, a quaranta chilometri da qui, per prepararsi. Ho scoperto poi che lo aveva ospitato in un posto dove c’erano prostitute russe e cocaina. Il giorno del funerale, davanti alla tomba di Marco, lo presi per un braccio e gli chiesi perché lo avesse condotto nelle fauci della morte. Mi rispose: ‘Ma non pagavamo nulla per l’alloggio’”. Sono accuse pesanti che si accompagnano a una teoria che la donna non ha paura di esprimere: “Mio figlio è stato ucciso. So che la sua morte non è stata volontaria. Gli sono stati somministrati dei farmaci per ucciderlo”. Che cosa succederà dopo questo terremoto mediatico della madre del campione del mondo di ciclismo? E, soprattutto, il nome che ha fatto, il che modo risponderà?