Travolti da un insolito destino nell’aria afosa di giugno, i contribuenti al canone Rai e curiosi hanno trovato la pubblicazione dei palinsesti del servizio pubblico televisivo per il 2023. Che il presidente Carlo Fuortes ha definito “Diviso non per canale, ma per generi”. I nuovi programmi di Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rai Storia, Rai sport e i contenuti di Rai play, sono concentrati prettamente su una strana divisione. Da un lato boomers e volti noti, gli amiconi di Viale Mazzini; dall’altro una schiera di programmi per la gen Z e star trentenni. Ma se non per qualche sparuto caso, non si incrociano nella stessa piazza.
Ma prima di spiegare le gran differenze andrebbe svelato il grande dramma per i Millennials, cioè la sparizione del programma di Valerio Lundini dalla tv e il dirottamento del conduttore sugli spazi digital di Rai play. Una mossa che su Twitter ha fatto innervosire un po’ di utenti e che ha evidenziato la volontà della Rai di costruirsi una credibilità per il pubblico anche sul suo esclusivo mondo digitale. Ma, come dicevamo, questa è solo la prima controversia di un palinsesto a tratti ammiccante, a tratti confuso, a tratti che-non-cambierà-mai.
I giovani, va detto, ci sono. E non sono neanche male. Sulla Rai arriva uno dei prodotti televisivi più apprezzati degli ultimi anni, EPCC, un night show diretto da Alessandro Cattelan che conferma la presenza in Rai dopo Da grande e la conduzione dell’Eurovision. Un bel colpo che Rai 2 mette in seconda serata. Poi, sempre nella seconda serata del secondo canale, Francesca Fagnani e Stefano De Martino, che addirittura conquista il prime time con Sing sing sing e, in seconda serata, conduce anche Bar stella.
Rai 2 quindi torna a richiamare, in parte, il pubblico più giovane e in generale si concentra su programmi light. Approfondimenti e inchieste su Rai 3; Rai 1 ancora affidata ai soliti noti. Non c’è da avere paura: le competenze, seppur sempre quelle e delle stesse persone, ci sono. Preparatevi a un altro anno di Mara Venier, di Bianca Berlinguer, di Bruno Vespa, di Massimo Gramellini, Monica Giandotti, Tiberio Timperi e tutta la compagnia divisa fra Viale Mazzini a Roma e Corso Sempione a Milano.
Perciò i volti nuovi - e vecchi, in alcuni casi - vanno cercati soprattutto sul web, con Rai play che sposta Lundini e il programma Conferenza stampa sullo spazio digitale. E lì qualcos’altro si muove. Per esempio, The rap game sembra un progetto interessante: un format ripreso da un programma della BBC (che sempre farà scuola in questo) con una giuria composta da Capo Plaza, Rochelle e Wad di Radio Deejay che premieranno le performance di alcuni talent del settore. Da sottolineare l’ingresso poi di Scialla Italia, un contest made by Rai sui giovani in Italia.
In questo la direzione di Fuortes ci ha visto giusto. I programmi e i contenuti posizionati sul digitale e il web sono in linea con la natura delle nuove generazioni, che sostano di più su prodotti fruibili via smartphone o dal pc. Dunque la logica di raggiungere gen Z e Alpha tramite il loro canale preferito dovrebbe essere funzionale (aggiungiamo: dopo anni di confusione e programmi scritti un po’ random, era ora). Ma, implicitamente, si afferma anche un altro preconcetto. Ovvero che la televisione ai giovani non appartiene più e che non c’è modo di riportarli a guardare il piccolo schermo - o comunque, con lo streaming, a fare audience per le reti di Stato. Perciò tolti quei nomi à la Cattelan, chi ha meno di 30 anni si ritrova a fare zapping fra Alessia Marcuzzi, Geppi Cucciari, Amadeus, Carlo Conti, Malgioglio e Drusilla Foer. Hanno richiamato anche Elisa Isoardi e puntato su Ilaria D’Amico. Che sono forse i più esperti e bravi nella conduzione e che saranno capaci di mantenere (come fatto in decenni di carriera) il pubblico delle fasce di età più alte. Ma un tentativo di invertire il sistema, di proporre qualcosa che porti un ragazzo o una ragazza a guardare un programma tv su Rai 3 a ora di cena - o a guardarlo in differita a mezzanotte - non c’è. Lo testimonia anche un programma come Generazione Z, riconfermato per una nuova stagione, che ovviamente non è fatto per quelli della generazione Z, ma per i loro genitori. E infatti a condurlo è Monica Setta, classe 1964. Ora, premesso che il racconto e il metodo giornalistico non conosce età, forse, facendo un programma sui giovani di oggi, sarebbe stato più coinvolgente e interessante (per tutti) lasciare che stavolta una figura giovane portasse avanti un contenuto televisivo del genere.
Certo non deve essere facile proporre al cda dei vari Agnes e di Majo un piano editoriale che metta in cima l’intrattenimento Z. Ma forse si poteva fare qualcosa di più. Perché alla Rai giudicheranno sempre e comunque, ci saranno polemiche e borbottii per qualsiasi pubblicazione: tanto valeva rischiare, forse. Come hanno fatto chiamando Chiara Ferragni al Festival di Sanremo, co-conduttrice per la prima e ultima puntata della kermesse di musica. Una mossa del genere nel prime time sarebbe stata un colpo per le tv private - nonostante il costo di questo tipo di personaggi sia sempre importante e, nel caso della Rai, il portafogli sia limitato. Ma per ora sì: è ancora la Rai.