Ma non si capisce: ci vogliono tutti della virile genìa italica, tranne Andrea Giambruno? Come faceva il motivetto? “Quella maschia gioventù / Con romana volontà…” (Ugo Tognazzi, genio, la trovava un po’, come dire, “froufrou”). Ma viva Giambruno, che, ci pare, difende il solco, il “fesso” (aggettivo: “parzialmente o totalmente diviso da un taglio o da uno spacco”) o, nel caso della “patria”, la “fessa”, tracciato dai gloriosi “vitelloni”, ma anche dal Duce, per dire, o da Silvio Berlusconi. W la “fessa” (nel senso di “patria col solco”), difendiamola! Glorifichiamola. Dal “latin lover” all’ “italian stallion”, si sa, “Italians do it better”. Il maschio italico “deve” fare il “piacione”, è una caratteristica Dop, Doc, Docg, una roba del genere. Questo certo non vuol dire “andare in buca”, non stiamo certo parlando di tradimento, ma di una toccata di pacco a due mani, con scrollatona; di una battuta tendenziosa; di una maliziosità. Ma dico: ce lo siamo dimenticato il “Merlo Maschio”? Non puoi togliere Lando Buzzanca dall’italiano. Se gli togli Lando Buzzanca, per dire, poi non riusciremmo più a capire, per dire, Alessandro Giuli, Gennaro Sangiuliano, Pietrangelo Buttafuoco. Ma che non si sa che l’archetipo del maschio nazionale è Fausto, de I vitelloni di Federico Fellini, interpretato da Franco Fabrizi, piacentino e parente del nostro Gianmarco Aimi, combattuto (Fabrizi nel ruolo di Fausto, non Aimi) tra la famiglia e il “dovere” innato della seduzione? Ma ci siamo dimenticati dei personaggi di Vitaliano Brancati: il Bell’Antonio, il Don Giovanni in Sicilia, Paolo il caldo. Ma possiamo dimenticarci le pubblicità sessiste di Dolce&Quell’Altro, o la celebre foto in bianco e nero in cui un gruppo di uomini (uno in vespa) guardano una bella donna. E Vacanze romane? In cui persino Gregory Peck si inchina agli stereotipi del nostro corteggiamento? Vogliamo cancellare Rodolfo Valentino proprio nel momento in cui i curatori di immagine si ispirano al mito assoluto della seduzione maschile italiana per la svolta solista di Damiano David dei Maneskin – è questo che gli americani vogliono, non avevate notato la svolta dal fluidismo al machismo? E Gigi Rizzi? Autore, fra l’altro, di un libro anticomunista: Io, BB e l’altro ‘68. O ancora il “Zanza”, Maurizio Zanfanti, il re dei playboy di Rimini, caduto in battaglia a 63 anni mentre era in auto con una ragazza di 23. Altro che la Venere di Botticelli come influencer.
Ma a voi sembra che il turismo in Italia sia una donna che viene fuori da un mitile? La Taormina degli anni Cinquanta e Sessanta aveva persino un lido che si chiamava “Stockolm”, approdo delle scandinave che cercavano il siculo focoso, come la donna inglese interpretata da Enrico Montesano e che si struggeva per “Salvaciore, che mi piace a tutte l’ore”. Cos’ha fatto Andrea Giambruno per meritare il ripudio? Da quando tenere in mano l’asta dell’orgoglio italiano, agitandola come una bandiera “sempre teeeeesa” nel ricordo della tradizione, è riprovevole? A proposito: e l’Enzo di Carlo Verdone che vuole andare in Polonia con le bic e le calze di nylon? E ancora Rossano Rubicondi, spogliarellista che impalmò Ivana ex moglie di Donald Trump? Fino ad arrivare ad Andrea Roncato, che nella parabola riflessiva ricorda sempre più il Fausto di Fellini. Non scomoderemo Søren Kierkegaard e i suoi tre stadi della vita: dall’estetica, all’etica, alla religione. Ma di cosa dovrebbe pentirsi Andrea Giambruno? Volete l’uomo italico ma poi nel privato lo volete norvegese? Decidetevi: o il gallismo o l’insalatina.