C’è rabbia e incredulità tra i parenti delle vittime delle Brigate Rosse dopo che anche la Cassazione, facendo seguito anche alla Corte d’Appello di Parigi, ha deciso di negare l’estradizione richiesta dall’Italia per i dieci ex terroristi (Giorgio Pietrostefani, Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin) arrestati nell’ambito dell’operazione “Ombre rosse” nell’aprile 2021. Al riguardo avevamo intervistato il presidente dell’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e dell’Eversione contro l’ordinamento costituzionale dello Stato), Roberto Della Rocca: “Evidentemente – ci dice Della Rocca, a sua volta ferito gravemente in un agguato alle spalle nel 1980 (quanto era a capo del personale di uno stabilimento Fincantieri nel porto di Genova) – non possiamo cogliere con favore questa decisione. Ci aspettavamo che dopo quello che accaduto l’anno scorso in aprile, con l’accordo tra il governo italiano e quello francese per un sostanziale superamento della dottrina Mitterand e con l’arresto di buona parte dei terroristi che erano coinvolti in questa possibile procedura di estradizione. Poi sono cominciati i processi e siamo arrivati a questo epilogo che ci ha sorpreso molto spiacevolmente”.
Il presidente dell’Aiviter, principale associazione delle vittime italiane, prosegue: “Stiamo parlando di sentenze passate in giudicato in Italia, stiamo parlando di cittadini italiani che hanno commesso dei crimini di sangue sul nostro territorio nazionale, che sono stati poi condannati in maniera regolarissima. Sottolineo regolarissima perché anche su questo in Francia c’è stata molta disinformazione, basti pensare al caso di Cesare Battisti. Stiamo parlando di gente che di palle ne ha raccontate un’infinità, cercando di nascondere e oscurare quello che in realtà è avvenuto. Hanno commesso omicidi e ferimenti, atti gravissimi, e nonostante questo hanno potuto usufruire della dottrina Mitterand, tra l’altro applicata malamente (nel senso che la dottrina Mitterand ha sempre escluso che potessero riparare in Francia i soggetti che si siano macchiati di reati di sangue). Siamo andati avanti per decenni, l’Italia ha continuato a fare domande di estradizione. Dopo l’anno scorso speravamo che si potesse arrivare a una modalità di collaborazione e finalmente a una sentenza di estradizione, e invece…”
Una risposta a chi parla di voglia di vendetta: “Voglio sottolinearlo bene, non si tratta di una sete di vendetta da parte dei parenti delle vittime. Semplicemente si tratta di avere giustizia e verità. Giustizia nel senso che le sentenze passate in giudicato abbiano una loro regolare esecuzione: nessuno di noi ha mai pensato che una volta rientrati in Italia a questi, magari avanti con gli anni, si chiudesse la cella e si buttasse la chiave in fondo al mare; semplicemente si tratta di rispettare quello che è stato comminato dai tribunali di uno Stato di diritto come quello italiano. C’è già stata una forzatura eccessiva di impunità in questi decenni nei confronti di questi personaggi coperti dalla dottrina Mitterand, pensavamo di essere arrivati finalmente alla fine: purtroppo non è andata così.
Tra l’altro a detta di Della Rocca emerge l’enorme assimetria con la quasi contemporanea sentenza dell’attentato al Bataclan: “La sentenza del Bataclan ha visto delle pene pesantissime contro tutti gli imputati, mentre un altro tribunale francese negava l’estradizione in Italia ad altri terroristi. E non stiamo parlando di negata estradizione sul dubbio: sul fatto che questi signori abbiano commesso ciò che è stato loro imputato è chiarissimo, è tutto documentato. Evidentemente emerge una stranezza e una grande contraddizione tra la visione di due tribunali francesi”.
E ora? L'ex ministro della giustizia Cartabia dopo il no della Corte d'Appello, aveva commentato: “Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza. Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall’intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia”.
“È del tutto evidente – dice da parte sua il presidente dell’Aiviter – che devono essere fatti dei passaggi tecnico-giuridici. Sulla base di quanto è stato riportato (la decisione della Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi si baserebbe sugli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul rispetto della vita privata e familiare e sul giudizio in contumacia, ndr) mi limito a esprimere un «bah!». Francamente non capisco che cosa vogliano dire. Stiamo parlando del rispetto dalla vita privata e familiare di chi ha commesso il delitto? E dov’è il rispetto della vita privata e familiare di quelli che sono morti? Conta di più quella di chi ha commesso il delitto rispetto a quella di chi lo ha subito? E sul giudizio in contumacia che vuol dire, se questi erano scappati in Francia, che incredibilmente ha concesso loro l’asilo politico dopo fatti di sangue e di terrorismo? Siamo nel melodramma. Purtroppo è un dramma”.
Della Rocca sostiene di avere seri dubbi riguardo alla corretta valutazione da parte della Corte francese: “Cosa facciamo, gli equilibristi sul diritto? Sono stupefatto: se queste sono le basi giuridiche e se questa è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo è il caso di riprenderla in mano e riscriverla. Non dico di bruciarla, ma… va rivista. E comunque sia per noi è inaccettabile: questa è una violazione palese e plateale dello stato di diritto italiano. Inutile poi parlare di Europa e di Ucraina quando ci troviamo in situazioni di questo tipo, come minimo molto poco comprensibili. Ma dove siamo? La Francia è un Paese alleato e confinante dell’Unione Europea o è un Paese ostile? Non sembra proprio che la dottrina Mitterand sia stata superata… Ci appelliamo al ministro della giustizia e all’esecutivo perché ci possa essere un loro intervento autorevole perché la cosa venga affrontata in maniera seria e non burlesca in sede giudiziaria. Si deve fare ricorso, non può essere che la cosa finisca dimenticata o in un cassetto”.