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Non solo pena di morte, Israele punisce anche la libertà di stampa e alla Knesset arriva il primo sì a una legge vergognosa. E sarebbero loro a dover difendere i valori occidentali?

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

  • Foto: Ansa

12 novembre 2025

Non solo pena di morte, Israele punisce anche la libertà di stampa e alla Knesset arriva il primo sì a una legge vergognosa. E sarebbero loro a dover difendere i valori occidentali?
Un sì alla Knesset che avvicina Israele al modello russo: non solo la pena di morte per i terroristi, ma il controllo dei media straniera in epoca di pace. Ecco come “l’unica democrazia del Medio Oriente” si sta trasformando in un’autocrazia di estrema destra, mentre i ministri di Bibi portano i pasticcini in parlamento

Foto: Ansa

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Viene anche chiamata “Legge Al Jazeera”, in relazione alla battaglia che dura da anni tra Israele e l’emittente filoaraba (considerata tra le più autorevoli in Medio Oriente). È l’idea che Israele, in stato d’emergenza, possa chiudere i media stranieri. Ora alla Knesset, nella stessa seduta in cui si è arrivati al primo sì per la pena di morte per i terroristi (ma qui vi abbiamo spiegato perché sarebbe meglio parlare di palestinesi), la destra ha ottenuto l’approvazione anche di un’altra proposta, quella che dà al governo il potere di chiudere le emittenti straniere anche senza uno stato d’emergenza e senza l’approvazione di un giudice. 

Si passa dalla legge capitale obbligatoria per l’omicidio di un israeliano (mentre un colono che uccide un palestinese nei territori in Cisgiordania potrebbe, come spieghiamo qui, farla franca), al controllo dei media stranieri, cioè quelli che hanno più possibilità di essere indipendenti. 

Israele, una democrazia imperfetta, sta scegliendo di essere sempre meno democrazia e sempre più imperfetta. O perfetta autocrazia, come la Russia, dove esiste già da anni un “Servizio federale per la supervisione delle comunicazione, della tecnologia dell’informazione e dei mass media” che limita sia i media nazionali che quelli internazionali. 

Un modello sostanzialmente antidemocratico di controllo dell’informazione, che finora veniva almeno giustificato con lo stato di guerra ma che ora non richiede più scuse. Perché e, soprattutto, a che pro? È evidente che Israele ha tutto da guadagnare dall’essere una democrazia ed eventualmente dovrebbe perfezionarsi in quella direzione. 

Putin e Netanyahu
Putin e Netanyahu Ansa

È dunque il governo, cioè un gruppo di potenti con degli interessi personali, magari condivisi, a trarre profitto da questa inversione. È tanto evidente quanto importante da ribadire. Se una parte della società israeliana è a favore di molte delle misure adottate in questi anni da Israele, è anche vero che una parte della società israeliana protesta e si ribella. E, cosa ancora più importante, resta estranea al declino totalitario di Israele (Netanyahu, ricordiamolo, continua una guerra che gli sta evitando, tra le tante cose, dei processi giudiziari indipendenti dal conflitto israeliano e precedenti al 7 ottobre).

Solo il governo? No. Come spiegato altrove, al centro dell’equilibrio nazionale israeliano ci sono dei gruppi che di fatto non vivono in Israele, ma in territori che non dovrebbero essere israeliani, le colonie in Cisgiordania. I coloni, oltre a essere dei fondamentalisti e talvolta gli autori di crimini che restano impuniti, sono anche una forza che può destabilizzare la società israeliana. Lo hanno dimostrato in passato (per esempio tra il 2010 e il 2016) e anche recentemente, quando hanno deliberatamente attaccato lo stesso esercito israeliano (Idf). E la stampa libera si sta concentrando sempre di più proprio su di loro. 

Ricordiamo che Israele veniva inquadrato prima di questa guerra come una democrazia non troppo distante dalla nostra. Uno dei vincoli morali che spingeva a essere favorevoli a Israele era il livello di progresso e libertà di cui godevano i cittadini israeliani rispetto a qualsiasi cittadino di un Paese limitrofo. 

Ma chi si diceva filoisraeliano era anche, coerentemente, filoucraino o, meglio, antiputiniano. Eppure, proprio per questo motivo, proprio perché si è contro Putin, si deve essere oggi contro Netanyahu e il suo governo estremista. Un conto è avere un governo di cui non si condivide l’indirizzo (per esempio il governo Meloni), un conto è avere un governo che agisce per minare le basi del pluralismo democratico. 

È chiaramente un guardare in superficie (ogni governo, in realtà, è di per sé una formazione politica e immorale, un gruppo di interessi privati con un potere che non è quello dei privati, ma è un potere pubblico, e dunque fondamentalmente privilegiato). Ma è una forma di realismo liberale necessaria, perché garantisce che si possano distinguere, nel mondo attuale e non in quello ideale (cioè, per chi scrive, senza Stato), il bene minore (un governo liberale) dal male minore (un governo socialista). Ed entrambi dal male peggiore, il governo totale, come quello che sta guidato, senza dover rendere conto a nessuno, verso il suicidio Israele. 

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