Fino allo scorso 24 settembre, Banjska era un villaggio sconosciuto di circa 500 anime situato nel nord del Kosovo. Quella notte, una trentina di uomini incappucciati e armati, descritti dai testimoni oculari come paramilitari, ha organizzato un blocco stradale nei pressi del comune a maggioranza serba, scontrandosi con la polizia locale. Il commando si è quindi barricato nel monastero ortodosso cittadino. È servito l'intervento delle unità speciali della polizia kosovara per mettere fine all'assedio degli assalitori, tre dei quali uccisi, sei arrestati e altri fuggiti tra le montagne della zona. Il bilancio parla anche di un poliziotto morto e altri due feriti. Un bagno di sangue, insomma, che ha rianimato le tensioni tra Serbia e Kosovo. Tensioni passate in secondo piano a causa della guerra in Ucraina e, ancor più di recente, dalla crisi israeliana. Eppure, i Balcani sono sempre più inquieti. Mentre antiche rivendicazioni riemergono da un passato non ancora sepolto.
La crisi invisibile
Quella che coinvolge la Serbia può essere quasi definita una “crisi invisibile”. Non perché nessuno sappia che cosa accade da queste parti, quanto piuttosto perché non si sta dando abbastanza peso a una vicenda potenzialmente esplosiva. Dopo i fatti di Banjska, la temperatura politica si è infatti alzata di colpo. Il premier kosovaro, Albin Kurti, ha messo in guardia dal crescente rischio di nuovi attacchi violenti da parte di gruppi criminali serbi in Kosovo. Per Kurti, l'episodio sopra descritto non sarebbe stato nient'altro che un “attacco terroristico” che avrebbe mirato all'annessione del nord del Kosovo, come detto a maggioranza serba, alla Serbia. Un attacco che avrebbe visto, ha aggiunto lo stesso Kurti, il coinvolgimento di Belgrado al livello della presidenza, dei servizi segreti, dell'Esercito e del ministero della difesa. Per il ministro dell'Interno kosovaro, Xhelal Svecla, sarebbe stato coinvolto persino il figlio maggiore del presidente serbo Aleksandar Vucic, Danilo. Ipotesi rispedita al mittente da Vucic. "L'unico terrorista in Kosovo è Albin Kurti, che uccide e terrorizza il popolo serbo", ha scritto il leader serbo. "Danilo, naturalmente, non è coinvolto in nulla, tranne il fatto di amare la Serbia e il Kosovo quale sua parte integrante, in linea con la Carta dell'Onu", ha aggiunto lo stesso Vucic, preoccupato per il drastico peggioramento della già difficile situazione della comunità serba in Kosovo. Ma da dove nasce quest'odio reciproco? Il Kosovo ha cercato l’indipendenza dalla Serbia dopo la disgregazione della Jugoslavia negli anni ’90. Oltre il 90% degli 1,8 milioni di abitanti del Kosovo è musulmano albanese, mentre i serbi rappresentano solo il 6%. La Serbia considera tuttavia il Kosovo come parte integrante del proprio territorio. Ne è scaturita una feroce guerra, scatenata dai serbi, frenata soltanto da una campagna militare della Nato. Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza nel 2008, senza essere riconosciuto dal governo serbo.
La mossa della Cina
Perché parlare della Cina in relazione alla crisi tra Serbia e Kosovo? Della Russia, e dei suoi più o meno presunti tentativi di fomentare la faglia serbo-kosovara, si sono già spesi litri d'inchiostro. Diverso è il discorso cinese. Da quando la tensione è salita alle stelle, l'esercito serbo ha iniziato a fare affidamento su fornitori cinesi di armi. Non solo: Serbia e Cina hanno annunciato anche un secondo ciclo di pattugliamenti congiunti di polizia nelle città del Paese balcanico, dopo il precedente del 2019. Se l'obiettivo ufficiale di questa mossa è proteggere i cittadini e turisti cinesi presenti sul territorio serbo, per l'Unione europea siamo di fronte ad un passo altamente provocatorio. I dubbi occidentali sull'ambiguità di Belgrado sono stati alimentati dal fatto che la Serbia è diventata il primo operatore di sistemi d’arma cinesi in Europa, importando dalla Cina, lo scorso anno, i sistemi missilistici terra-aria HQ-22 e i droni armati CH-92. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, questi articoli di grosso valore – si parla di 310 milioni di dollari - hanno reso la Cina la principale fonte di armi della Serbia, in termini di valore commerciale nel 2022, ponendo fine al lungo dominio della Russia. La posizione geografica della Serbia, incastonata tra l’Europa centrale e l’Asia occidentale, rende del resto Belgrado, agli occhi di Pechino, un importante attore da corteggiare, nonché una porta dalla quale penetrare nel mercato europeo. Numeri alla mano, il Dragone è diventato il più grande investitore nazionale della Serbia, con oltre 700 milioni di euro riversati in loco nel 2021. Per quanto riguarda le armi, la Serbia ha già un'impressionante industria della Difesa, che potrebbe essere integrata con attrezzature cinesi più avanzate. In caso di nuovi scontri nella regione, la Nato potrebbe anche essere dissuasa dall’intervenire, dato che i moderni missili terra-aria HQ-22 della Cina potrebbero effettivamente sfidare i suoi sforzi di operare nello spazio aereo.
Nato ed elezioni
La Nato, in ogni caso, si è subito attivata per scongiurare l'escalation tra Belgrado e Pristina. La Romania ha inviato altri 130 militari per rafforzare il proprio contingente nella Forza Nato in Kosovo (Kfor). Altri Paesi, fra cui Gran Bretagna, Turchia e Slovenia, hanno ugualmente rafforzato i rispettivi contingenti inquadrati nella Kofr alla luce delle nuove tensioni interetniche locali. Sullo sfondo di tutto questo troviamo una data chiave: il 17 dicembre si terranno infatti le elezioni parlamentari (anticipate) in Serbia. Al momento, il Partito del progresso serbo (Sns, conservatore) del presidente Vucic in carica, è in testa nei favori dell'elettorato. Gli ultimi sondaggi accreditano a Sns il 44,5% dei consensi. Molto distanziata, con l'11%, la coalizione di due formazioni di destra - Zavetniki e Dveri - mentre al terzo posto troviamo il Partito socialista (Sps) del ministro degli esteri Ivica Dacic con il 10,8%. Seguono il partito Libertà e Giustizia (Ssp) con l'8,1%, il Movimento popolare della Serbia con il 5,9% e una coalizione fra varie formazioni minori denominata Nada attestata al 4%.