D'estate la tv è generalmente un camposanto di repliche e fiction turche. Quest'anno, però, i palinsesti delle varie reti hanno deciso di fare un'eccezione regalando al pubblico cucciolate di mini "Festivalbar" (dal Tim Summer Hits al Festivalbar) e perfino un talent per vip, Non sono una signora. Lo show vede cinque personaggi (più o meno) celebri "battere i tacchi per la prima volta" en travestì sfidandosi a colpi di catwalk e lip sync, sotto la conduzione di Alba Parietti. Dopo aver subito più rinvii di messa in onda che puntate, Non sono una signora è tra noi e, per molti motivi, il solo fatto che esista è già di per sé una buona notizia. Ma basta questo a renderlo un bel programma? Per i social pare proprio di sì, visto le lodi sperticate che riceve via Twitter. Se ne cinguetta come di un progetto pionieristico, d'avanguardia, coraggioso. E mani si spellano in fragorosi applausi digitali. Tutto questo entusiasmo ha ragion d'essere o è motivato dalle intenzioni che hanno dato i natali allo show? Ecco, avendone seguito ogni puntata finora trasmessa, propendiamo di più per questa seconda ipotesi. Solo che, anche solo provare a criticarlo, porta a essere bollati della più becera omofobia. Correremo il rischio, tutti tempestati di paillettes.
Fu Dagospia a sibillinare che i continui rinvii del format (previsto in onda per lo scorso autunno) fossero dovuti alla indigeribile bruttezza dello stesso. Ora, non esageriamo. Non sono una signora, adattamento dell'originale olandese Make Up Your Mind non è certo tra le cose peggiori viste in tv finora. Il paragone con il programma-madre certo non regge nemmeno alla lontana quanto a spettacolarità, ma oramai il nostro occhio è abituato a subir nozze coi fichi secchi. Non che sia cosa buona e giusta, ma nemmeno da scendere in piazza. Se lo show ha l'oggettivo merito di portare "l'arte drag nella prima serata Rai", la domanda è: come realizza l'impresa? Aldo Grasso, per esempio, titola spietato, che nel talent di Alba Parietti "trionfa la noia". Non ha tutti i torti.
Con buona pace dei vari cori di Alleluja che si elevano via Twitter, lo show in sé è tedioso. Il contribuito della giuria tecnica formata da Elecktra Bionic, Vanessa Van Cartier e Maruska Starr è pungente e competente. Alle volte, rischia perfino di divulgare nozioni interessanti sull'arte drag. Però, è limitatissimo, quasi soffocato in una manciata di minuti in rincorsa. Un peccato. Soprattutto perché la seconda giuria, quella degli "indagatori del glitter" chiamati a indovinare quale sia l'identità del concorrente vip en travestì, poltrisce. Eccezion fatta per la sempre vulcanica Sabrina Salerno, Cristina D'Avena appare costantemente annoiata, come stesse pensando alla lista della spesa. Mentre Mara Maionchi, forse oramai fin troppo sovraesposta nel ruolo di giurata, non finge nemmeno che quanto stia avvenendo in studio le interessi. Meglio Filippo Magnini che almeno tenta di giocare un po' a Basil L'Investigatopo di strass. Se chi è presente in studio, però, non si diverte, difficile che riesca a coinvolgere il telespettatore. E infatti gli ascolti non sono esattamente da "queen".
La prima e la terza puntata del talent sono rimaste ferme a poco più di 900mila telespettatori. Solo la seconda ha superato, di un soffio, il milione. Un risultato onesto, considerato che siamo in estate. Ma che lascia ben subodorare olezzo di disfatta se pensiamo, per esempio, che il GialappaShow su Tv8 (non certo Rai 2) questo milione di telespettatori è riuscito a superarlo serenamente ogni domenica sera, generando meme e "tormentoni" che oramai conosce e condivide anche chi il programma non l'ha visto mai. Dunque, si può fare. Solo, numeri alla mano, non è ciò che sta succedendo a Non sono una signora. Come mai?
Oltre a una giuria narcolettica e alla somiglianza intrinseca dello show con Il Cantante Mascherato (non certo uno dei format Rai di maggior successo, per usare un eufemismo), il problema del talent in drag di Rai 2 è la mancanza di una conduzione in grado di dare ritmo allo show. Con le drag come protagoniste, ci si aspetterebbe uno contenitore esplosivo, imprevedibile, brioso, audace, carico di energia ed entusiasmo. Quello che abbiamo, invece, è un'Alba Parietti ingessata, legata a quadruplo fino alla cartellina che tiene in mano per ricordare la scaletta, insieme a un montaggio parecchio affrettato che cazzuola via di netto ogni possibile sprazzo di spontaneità. Tutto sembra recitato, finto, impostato e privo di anima, in una messa cantata che ben poco si confà a quello che dovrebbe essere lo spirito vitale dello show. Peccato. Peccato soprattutto che un'analisi ponderata del programma in quanto tale sia davvero difficile da fare. Perché, solo a provarci, si viene tacciati di omofobia, ad andar bene. Ma cosa c'entra?
Se è vero, come è vero, che esistono trogloditi indignatissimi solo per il fatto di veder uomini travestiti da donna sul Servizio Pubblico (basti dare uno sguardo ai commenti sotto ai post dello show sotto i canali social di Rai 2), risulta anche cristallino che Non sono una Signora sia un programma tv come tutti gli altri e, in quanto tale, merita di essere analizzato e valutato per i suoi pregi e le sue debolezze. Tra i pochissimi show, insieme a Techetecheté, a omaggiare Raffaella Carrà, è anche, purtroppo, un mappazzone noiosetto e incolore che piace alla comunità LGBTQIA+ solo perché, almeno per il momento, non c'è nulla di meglio in onda. Ma accontendandosi, è noto, non si gode neanche un po'.
Non sono una Signora non è la festa che avrebbe potuto e dovuto essere, piuttosto è un orgasmo pigro, pigrissimo. Invece di generare stupore, provoca la maggior parte delle volte sbadigli. Impresa di certo non facile con tutti quei glitter. Ottime alcune scelte di cast come quella di Rocco Siffredi (peccato solo il tempismo, data la bufera Maria Sofia Federico) che ha battuto i tacchi per la prima volta mandando un bel messaggio di inclusione agli addivanati telespettatori. Elogiare il format a prescindere solo per il tema trattato è un atteggiamento ottuso e perfin nocivo: c'è molto da migliorare, ma a furia di pacche sulle spalline di strass, rischia di passare inosservato e, quindi, di restare tale e quale. Un po' come il programma in sé, snobbato dal pubblico che preferisce alzare i tacchi di fronte a cotanto torpore. Si può fare di più e, ne siamo certi, si farà. Solo, non è stata questa la volta buona. Amen.