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Sono stata al Gay Pride di Milano e non ci ho capito un ca**o, tra neonati molto dotati, musulmane, copricapezzoli e incoerenza. O forse sono loro a non aver capito?

  • di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

25 giugno 2023

Sono stata al Gay Pride di Milano e non ci ho capito un ca**o, tra neonati, musulmane, copricapezzoli e incoerenza. O forse sono loro a non aver capito? [VIDEO]
Vi raccontiamo com’è andare per la prima volta a un Pride quando non si sa di preciso cosa avvenga a un Pride e quando lo si vuole analizzare con un minimo di spirito critico e non da simpatizzanti duri e puri. Tra neonati (finti) dal pene gigante, musulmane confuse, elettori di Schlein che dopo uno scambio di parole cambiano idea, e soprattutto con tanta trasgressione (tra nudità, reggiseni, copricapezzoli e quintali di trucco) spacciata per normalità. Ecco il reportage (con video), di chi, durante e dopo la manifestazione di Milano, non ci ha capito un ca**o. O forse a non capire sono gli altri?

di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

Sono stata al Gay Pride di Milano. È stato il mio primo Pride e non sarà sicuramente l’ultimo, perché c’è ancora molto da chiedersi e da scoprire, e non si può avere la presunzione, andando lì per la prima volta, di aver capito tutto. Anzi, io se ve la devo dire tutta, ci ho capito molto poco: non mi aspettavo sicuramente di trovarmi tra membri togati o alti prelati, ma nemmeno di assistere a scene aberranti, come vedere un pene gigante attaccato a un finto neonato, sentendomi dire “con lui ci ho fatto anche dei threesome, sempre proteggendolo con Durex però eh”. Ironia o idiozia? Altro fatto che ho trovato strano è stato incrociare tra la folla una musulmana con tanto di velo alla quale ho chiesto se non fosse in contraddizione con i principi stessi della sua religione essere lì e la risposta è stata “mah, forse sì”. Era una musulmana osservante, e sappiamo benissimo come viene considerata da quella religione l’omosessualità, per cui mi sono chiesta (ma forse sono io che non arrivo a cogliere il punto) che cosa ci facesse lì se al tempo stesso non voleva rinnegare il suo credo religioso. È come se un credente bestemmiasse davanti al Papa, durante l’Angelus, in confessionale, penso che a nessuno verrebbe in mente e invece il mondo non finisce mai di stupirci. Ah, come se non bastasse, dopo che era stata ripresa in video la ragazza mi ha detto, fermandomi, che avrebbe preferito che non uscisse sui social il fatto che lei fosse al Gay Pride, ma qui lascio ai posteri l’ardua sentenza.

Ho fermato poi una ragazza che aveva un cartellone con su scritti tutti i diritti possibili e le ho chiesto per chi votasse e mi ha risposto “la Schlein”. Allora ho voluto approfondire la questione, chiedendole se si sentisse rappresentata da una donna che un giorno sì e uno no parla di coalizione con i 5 Stelle, il cui volto è Giuseppe Conte, che in ben due governi non ha fatto nulla per la comunità Lgbtq+. La versione allora è cambiata subito e la risposta è stata “hai ragione, non devo votarla”, e a quel punto dentro di me si è manifestato il panico: se in un minuto e mezzo si riesce a farti cambiare idea su chi votare su che basi solide si può fondare l’idea del voto oggi nel nostro Paese e soprattutto tra i giovani (non era l’unica a essere così confusa)? In base a cosa viene scelto un leader politico? D’altro canto mi sarei spaventata comunque se mi avesse detto “la voto lo stesso”, ma forse tra le due la seconda forse sarebbe stata l’opzione migliore, quantomeno sarebbe stato indice di qualcosa d’altro anziché dell’essere di facile manipolazione.

Il partecipante al Milano Pride col suo (finto) neonato molto dotato
Il partecipante col suo (finto) neonato molto dotato

Ho visto di tutto, ma mi sono stupita (e voi direte ma ancora ti stupisci?) soprattutto nel vedere come fosse osannata la nudità: ho visto più copricapezzoli e reggiseni che in un sexy shop, più trucchi a coprire un solo volto che non mixando tutte le varie palette di Sephora e l’unica risposta che mi davano e urlavano a gran voce è che “quella è normalità”. Non so voi ma io a fare la spesa in reggiseno non ci sono mai andata. Poi magari quelle sono le stesse persone che lavorano in banca, fanno gli avvocati e sono costretti ad andare in un ufficio indossando giacca e cravatta, mentre ieri erano con slip rigorosamente fluo, nudi e ricoperti di brillantini a scegliere tra il tracannare birre a gogo o farsi le canne. Se tutto ciò è così tanto normale, se questo è il modo in cui vogliono sentirsi liberi di esprimersi, perché non c’è la coerenza di farlo sempre? Non solo sui social, ma tanto quanto per me o per altri è normale indossare un jeans e una maglietta? Ho visto poca coerenza, o magari sono io che ho una mentalità bigotta, non lo so. Lo scopriremo ai prossimi Pride, perché oramai ci ho preso gusto.

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