C'è un video virale su TikTok. Sì, di nuovo. Questa volta, però, non parla di una strepitosa challenge ai limiti dell'idiozia o di sgami beauty trafugati dal profilo Instagram di Kim Kardashian. Il tema è il lavoro, grande tabù dei nostri tempi che l'hanno reso sotto ogni aspetto qualcosa che si fa, ma non si dice. A prendere parola è Ornela Casassa che, in un reel postato dalla Consigliera della Regione Liguria Selena Candia, si infervora durante una cena raccontando della volta in cui avrebbe rifiutato un impiego da 750 euro al mese: "Io, a 27 anni con quella cifra non posso vivere", dice. E ha ben ragione.
La denuncia della giovane non si ferma certo qui, proseguendo, à la Braveheart, per stigmatizzare tutto il marcio del lurido mondo del precariato all'italiana: "Bisogna alzare l'asticella, non è possibile accettare stipendi da fame perché abbassano il mercato anche per gli altri. Chi si fa andare bene queste cifre, è un privilegiato". E qui, purtroppo, casca l'asino. Nonostante il grande hype della Sinistra (da Possibile al PD) che ha subito eletto Casassa a bersagliera del salario minimo cercando di appropriarsi delle sue parole (mai che gliene esca una a loro, per carità), la tesi di Ornela di certo fomenta. Però, la realtà fattuale del mondo in cui sciaguratamente viviamo, impone una verità ben diversa. E, forse, ineludibile. Parliamone.
La prima e forse unica buona notizia è anche amarissima: mal comune, nessun gaudio. Da fuori, ci si poteva aspettare che se non altro i laureati in Ingegneria versassero in situazioni meno problematiche dal punto di vista della retribuzione. Il mito del lavoro che cade dal cielo con lauti stipendi per chi consegue una Laurea in materie scientifiche, dunque, traballa. Ovverosia: siamo tutti nello stesso pantano. L'Università, qualunque Facoltà si scelga, apre le porte a meravigliosi mondi di stage retribuiti a sputi e collaborazioni a partita iva un calcio al chilo. Bene.
Il numero delle persone infuriate, dunque, dovrebbe essere ancora più esoso. Questo, però, non porta a grandi sommovimenti, come se il precariato, dopotutto, ci piacesse pure un po'. La verità è, sempre affascinante sottolineare l'ovvio, che non piace a nessuno il sistema del lavoro per come oggi è strutturato. Ovvero da schifo. Puntare però il dito verso quei "privilegiati" dei lavoratori che accettano impieghi sottopagati è una faciloneria che arringherà pure le masse, ma allo stesso tempo deraglia ben lontana dal cuore del problema. Andiamo a spiegarci meglio.
Se è vero che gran parte delle proposte di retribuzione su piazza sono irricevibili, è anche cristallino che nessuno ami farsi pagare poco. Purtroppo, allo stesso tempo, chi offre impieghi ha la possibilità di dare lavoro in cambio di due croccantini possi, come fosse giusto, anzi onesto. Del resto, è perfettamente consentito. Quindi, essendoci larga manovra d'azione per dispensare compensi al limite della stitichezza, perché spendere di più per i propri collaboratori? Una logica terribile, ma reale, anche pragmatica. Questo sistema esiste perché esistono persone che tali stipendi da fame li accettano? No, Ingegnera Ornela Casassa. Non proprio.
Se lei ha potuto rinunciare a 750 euro al mese, è perché, appunto, ha potuto farlo. Comprenderà bene che tra 750 euro e 0, ci sia una differenza ben percepibile. Stiamo parlando di una cifra miserrima, ridicola, quasi ce ne vergognamo. Ma definire "privilegiato" chi la accetta, è sbagliato. Sarebbe ben più adatto il termine "disperato". I numeri non sono certo il nostro pane, Ingegnera, ma se l'alternativa del lavoratore è tra pochissimo oppure niente, questo andrà quasi obbligatoriamente a scegliere "pochissimo". E "pochissimo" non è un privilegio. Il punto reale è che tale alternativa non dovrebbe nemmeno esistere, in un mondo giusto, quello di cui lei si riempie la bocca con parole impossibili da non condividere. Intanto, però, sta parlando di un universo utopistico, che non esiste nella realtà fattuale in cui siamo tutti sciaguratamente immersi ogni giorno.
La necessità, come ben dice, di "alzare l'asticella" c'è ed è urgente. Ancora più urgente, però, è quella di fare in modo che tale "asticella" esista. Intanto, coi bei discorsi purtroppo non si arriva a fine mese, non si campa. Ed è proprio questo il (tragico) punto: in Italia, se non accetti stipendi da fame, non mangi. Spiace, certo, "rovinare il mercato" svendendosi al ribasso. Possiamo assicurare, però, che farlo non sia piacevole nemmeno a livello personale. Non è quello che sognavamo di fare da grandi, non è come ce l'avevano raccontato. È umiliante, sterile e fa infuriare ogni santo giorno accettare di essere l'ingranaggio di un sistema marcio e lurido, sapere di farne parte, avendo detto "sì".
Non tutti, però, hanno la possibilità di dire "no". E quindi subiscono compensi senza dignità, cercando di ricordare comunque di averne una. Poi arriva lei, Ingegnera Ornela Casassa, a dire a queste persone che sono pure privilegiate. Sì. Il privilegio vero, per come funzionano le cose oggi, è quello di poter rifiutare. Appoggiandosi anche sul fatto di appartenere a una generazione, la generazione degli Under 30, che ancora viene considerata dalla politica e dai trend social. Superata la soglia dei 30 anni, nessuno si preoccupa (o finge più di preoccuparsi) di come sia la situazione lavorativa per chi non è riuscito a rimediarsi un contratto a tempo indeterminato (o non ha interesse ad averne uno in quanto libero professionista). Totalmente dimenticati.
C'è il bianco, c'è il nero e insieme a questi due opposti, sussiste un oceano di sfumature di liquame grigiastro in cui ognuno di noi deve cercare di inserirsi per tirare a campare. Far ricadere la colpa, la causa di questo grande Abisso sulle spalle di chi non ha alternative e "accetta" è orrendo, ai limiti del classismo. Inoltre, allontana la discussione dalla realtà fattuale e lascia "impuniti" tutti quegli agenti che, invece, potrebbero o dovrebbero fare qualcosa per migliorare l'aberrante situazione. Dagli imprenditori ai politici. Ma siamo abituati, del resto: è sempre colpa di noi poveri stronzi. Oggi ce lo ricorda anche l'Ingegnera Ornela Casassa. E siamo anche qui a sdilinquirci per le sue parole, a lodare la Sinistra che le fa proprie. Forse, alla fine, è vero che subire, dopotutto, ci piace pure. Contenti noi.