Il giorno della Festa della Repubblica si è aperta l’ultima settimana di campagna elettorale per le elezioni europee, con le manifestazioni più tipiche del folklore politico, la fiera del fischio, del botto, del colpo di “genio” (che a volte funziona, ricordiamo tutti il Contratto con gli Italiani di Berlusconi, puro genio, correva l’anno 2001).
In una giornata di solennità e polemiche come quella di ieri due giugno si segnala l’uscita su twitter di Claudio Borghi della Lega, che ha consigliato al Presidente Mattarella, avendo quest’ultimo parlato di sovranità europea, di dimettersi. È arrivata la presa di distanza di Matteo Salvini, mentre Borghi ha sottolineato che rimane fermo sulle posizioni antieuropeiste/antimattarelliane; una grande tradizione del folklore leghista, più dell’amaro Braulio ai raduni e dell’antica ampolla del Dio Po. Un botto per l’elettore (Borghi), una smorzatina per il profile governativo (Salvini).
Si sa che le elezioni europee sono un appuntamento sempre più astratto, poco sentito, e diciamola tutta, poco influente. Non si capisce bene in concreto come intervengano nel quotidiano dei cittadini, visto che al momento gli organi di governo continentali producono ben poco, a parte una massa implosiva di regole, regolette e prescrizioni, e una narrazione che di fronte all’irrompere della Storia -vedi conflitto in Ucraina- è fatta di incertezze da cultura della krisis e interessi particolari dei vari paesi difesi, quelli sì, con le unghie e coi denti. Non si capisce bene nemmeno come siano state politicamente pensate: di fatto sono elezioni nazionali: ognuno vota i candidati del proprio paese e questi vengono paracadutati tra Strasburgo e Bruxelles. Elezioni che spesso (sempre) servono come valvola di sfogo di equilibri di potere (promuovere in Europa per rimuovere in Italia) o come megasondaggio per regolare conti e partite nazionali.
Alle europee ogni partito diventa la caricatura, la vignetta, il meme, il folklore di se stesso
Ma proprio perché hanno un significato indiretto, contano più per forma che per sostanza, non hanno vera concretezza, le europee diventano la ludoteca dell’irresponsabilità amministrativa, il teatrone (non teatrino) in cui ogni partito si autorappresenta al grado zero delle sue possibilità politiche e al grado mille delle sue capacità pirotecniche: fischi, botti e colpi di genio. Alle europee, e in particolare in queste europee, ogni partito diventa la caricatura, la vignetta, il meme, il folklore di se stesso.
Abbiamo ancora negli occhi il profilo (non troppo marziale ammettiamolo) del generale Vannacci mentre allude alla Decima Mas nel suo spot. Esagerato. E abbiamo negli occhi la segretaria del Pd Elly Schlein su un traghetto mentre critica l’idea salviniana del ponte sullo Stretto. Peccato che Schlein non avesse in mano un arancino, comfort food tradizionale sui traghetti tra Reggio e Messina, ma un fascio enorme di appunti, sembrava dovesse discutere una tesi di dottorato. E per il resto la strategia del Pd è attestata su una opposizione alla montante marea nera, ovvero un antifascismo ideale, sentimentale, da struggente nostalgia ipermoderna ben incarnato dalle polemiche decotte di Massimo Giannini su Repubblica.
E ancora abbiamo una Forza Italia appena rifinanziata dagli eredi Berlusconi per quasi 700 mila euro che proietta tutta la sua tradizionale forza garantistica nel complicato disbrigo della rogna Giovanni Toti. Abbiamo Giuseppe Conte che si intesta il Sud e fra un po’ mollerà l’appiombo e il fazzoletto a tre punte e comincerà a parlare in dialetto di Volturara Appula (e sarebbe un’idea, davvero), e infine lei. “Quella stronza di Giorgia Meloni”. La sua auto-presentazione al comizio di Piazza del Popolo almeno quanto la sua precedente polemica cercata con Vincenzo De Luca è una perfetta rappresentazione di folklore meloniano. Narrazione personale, autofiction ipermoderna, venata da una certa incazzatura da underdog che però ormai dato il ruolo istituzionale risulta quasi sempre sopra le righe, per non dire livorosa e inutilmente carica.
Poi si aprono le porte del paradiso trash: Angelo Ciocca della Lega che balla in video con ragazze in stile veline “L’europa è da svegliare/niente insetti da mangiare”. La canzone di Rosanna Conte (sempre Lega) “Riso birmano no, ma made in Italy”. Alfonso Maria Gallo di +Europa che fa un video con i polli e una canzone con in sottofondo un chicchirichì. Questo il breve e non felicissimo panorama. E nel corso della settimana il tasso di folklore, fischi, e botti aumenterà in modo robusto, con niente da dire ma modi sempre più spaccapalle di dirlo. Oltre a Borghi l’altro avviso inquietante è il video di Vittorio Sgarbi, da Sulmona. Una sola persona nel pubblico, e Sgarbi riesce a beccarsi la contestazione. Capra.
Ci sarebbe da prendersi qualche giorno di digital detox, o da rannicchiarsi in posizione fetale sperando di non sentirne troppe di gratuite minchiate. E poi decidere con calma nel week end se è il caso di andare a votare o al mare.