Una pioggia di razzi su Tel Aviv, Sde Boker, Dimona: altissima tensione in Medio Oriente tra lo Stato di Israele e Hamas, dopo che l’organizzazione paramilitare palestinese ha lanciato questa mattina il più grande attacco coordinato contro lo Stato ebraico degli ultimi decenni. Un’operazione terra-aria iniziata con un lancio di razzi da diverse località di Gaza alle 06:30 ore locale contro diverse città israeliane e durato per quasi mezz'ora, secondo quanto ha riferito l'agenzia di stampa Agence France-Presse. Contemporaneamente, diverse squadre di assalitori di Hamas sono riuscite a penetrare all’interno dei confini di Israele, nel sud Paese, attaccando i primi centri abitati situati nei pressi della Striscia di Gaza. I media israeliani affermano che quasi 200 persone sono rimaste ferite nell’attacco combinato di Hamas, e almeno due dozzine sono ferite in modo grave. Sei i morti accertati, ma il bilancio è provvisorio.
Gli Usa: “Siamo con Israele”
Sui social, gli israeliani che vicino al confine con la Striscia di Gaza continuano a invocare l’aiuto delle autorità e a denunciare sparatorie da parte dei paramilitari di Hamas all'interno delle città mentre denunciano la scarsa presenza delle truppe israeliane, colte probabilmente di sorpresa dal raid palestinese. Le autorità israeliane hanno ordinato lo stato di emergenza in tutta la regione meridionale, annunciando l’avvio dell’operazione “Iron Swords”. Ai residenti viene chiesto di restare a casa e di non uscire. Stephanie Hallett, incaricata d'affari presso l'ambasciata americana a Gerusalemme, ha twittato: "Sconcertata dalle immagini provenienti dal sud di Israele di civili morti e feriti per mano dei terroristi di Gaza. Gli Stati Uniti stanno dalla parte di Israele”. Gli aeroporti nel centro e nel sud di Israele sono stati chiusi a causa delle violenze, secondo il quotidiano Yedioth Ahronoth. L'aeroporto Ben Gurion rimarrà operativo e agirà secondo le istruzioni di sicurezza.
Hamas annuncia l’avvio dell’operazione
Mohammed Deif, un alto comandante militare di Hamas, ha annunciato l'inizio di un'operazione militare all’alba in una trasmissione sui media locali, invitando i palestinesi di tutto il mondo a combattere. Secondo quanto riferito, i razzi lanciati hanno segnato l'inizio dell'operazione "Al-Aqsa Storm”. "Abbiamo deciso di dire basta", ha detto Deif, esortando tutti i palestinesi a confrontarsi con Israele. "Questo è il giorno della più grande battaglia per porre fine all'ultima occupazione sulla terra", ha detto, aggiungendo che sono stati lanciati 5.000 razzi. L'esercito israeliano ha chiesto agli israeliani che vivono nei pressi della Striscia di Gaza di rimanere nelle loro case e ha avvertito che Hamas pagherà un "prezzo pesante per le sue azioni”. Il primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato in un video che il suo Paese è in una "guerra" che “vincerà". "Il nostro nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto", ha dichiarato Netanyahu. Il principale portavoce delle forze di difesa israeliane, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha sottolineato in un filmato, citato dal Times of Israel, che Israele è ufficialmente in uno “stato di guerra”. “Sono stati lanciati più di 2.000 razzi. I terroristi si sono infiltrati e alcuni sono ancora in Israele”, afferma. “Ci stiamo concentrando sui combattimenti al confine con Gaza”.
E a Ramallah si festeggia
I media israeliani riportano inoltre di combattenti armati che avrebbero aperto il fuoco sui passanti nella città di Sderot, nel sud di Israele. Circolano sui social anche diversi filmati che mostrerebbero combattenti palestinesi impegnati in scontri nelle città di confine. Un altro video diffuso sui social media mostra invece un carro armato israeliano in fiamme. Il portavoce di Hamas Khaled Qadomi ha dichiarato ad Al Jazeera che l'operazione militare avviata stamani è una risposta “a tutte le atrocità” che i palestinesi “hanno dovuto affrontare nel corso dei decenni”. "Vogliamo che la comunità internazionale fermi le atrocità a Gaza, contro il popolo palestinese, contro i nostri luoghi sacri come la moschea di al-Aqsa. Questo è il motivo per il quale abbiamo iniziato questa battaglia", ha detto. Alla domanda se Hamas avesse preso in ostaggio soldati e civili israeliani, Qadomi ha risposto: "Non sono ostaggi. Sono prigionieri di guerra”. Il clima è completamente diverso nella città di Ramallah, in Cisgiordiana, dove si festeggia l’avvio dell’operazione di Hamas. "Qui a Ramallah - racconta l’esperta Nida Ibrahim - vediamo persone che gridano per festeggiare e sostenere le azioni militari. Abbiamo assistito a scene simili in altre parti della Cisgiordania occupata", ha dichiarato l'esperta, sottolineando che la vista di bandiere di Hamas non è comune in queste regioni e di solito viene issata in caso di guerra. "La cosa importante che i palestinesi dicono sui social media e nelle strade è che questa è la prima volta che combattono invece di reagire alle regole di Israele”.
Messaggio ai Paesi arabi
Ghazi Hamad, portavoce di Hamas ed ex viceministro degli Esteri del governo di Gaza, ha dichiarato ad Al Jazeera che l'operazione palestinese è anche un messaggio ai Paesi arabi che hanno avviato un percorso di “normalizzazione” delle relazioni diplomatiche con Israele. "Penso che sia vergognoso. Chiedo a tutti i Paesi arabi di interrompere e interrompere le relazioni con Israele, perché non è uno Stato che crede nella pace, nella coesistenza o nell'essere un buon vicino", ha detto Hamad. "È uno Stato nemico e dobbiamo fermarlo”. Come spiega su Facebook Lorenzo Vita, giornalista e analista geopolitico, “l'assalto di Hamas a Israele va letto sotto diverse chiavi. Una, più recente, non può non essere il processo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele, con Riad che dovrebbe garantire i diritti dei palestinesi ma in cui si affacciano grandi punti interrogativi e ombre. Il Medio Oriente, e in particolare l'area israelo-palestinese, è in questo momento un'enorme faglia strategica tra aree di influenza. Israele appare debole per spaccature interne e crisi politica infinita”.
Gli Stati Uniti arrancano, sottolinea Vita, “complice la scelta di ritirarsi dal Medio Oriente per concentrarsi altrove. Avanza la Cina, che da tempo ha messo mano al dossier mediorientale con l'accordo tra Arabia Saudita e Iran e con l'obiettivo di trovare una quadra tra israeliani a palestinesi. In tutto questo, le tre grandi fazioni nemiche dello Stato ebraico, Hamas, Hezbollah e Jihad Islamica, sono necessariamente interlocutori militari, politici e radicali di un processo che deve passare anche da loro e - in definitiva - dai loro sponsor. In primis l'Iran, che li usa come suoi proxies in chiave regionale”. L’ennesimo tassello doloroso della fase di “disordine internazionale” post-Guerra Fredda nella quale viviamo.