Pietro Orlandi, dopo mesi di attesa, oggi ha finalmente incontrato Alessandro Diddi, il Promotore di Giustizia vaticana. Ma facciamo prima un passo indietro, come siamo arrivati a questo punto? Solo un anno fa l’attenzione mediatica attorno alla scomparsa di Emanuela Orlandi non era così alta, anzi, a stento se ne parlava. Noi di MOW, nel giugno del 2022, abbiamo partecipato insieme a Piero Orlandi, al sit in per l’anniversario della scomparsa di Emanuela, che puntualmente organizza ogni anno proprio davanti alla città del Vaticano. I presenti erano circa una ventina. Solo qualche mese dopo, gennaio 2023, i presenti in piazza per festeggiare il compleanno di Emanuela erano diventati diversi centinaia. Il perché sta tutto in quello che è successo nel mezzo. Inutile negarlo, l’origine va cercata nella serie targata Netflix Vatican Girl, che ripercorre in quattro puntate i momenti più importanti di questi quarant’anni di ricerche. Dettagli che ai più erano sconosciuti. Una serie che ha permesso alla storia di Emanuela di scavalcare i confini nazionali, e di raggiungere anche i giovanissimi, che magari non avevano mai sentito parlare di lei. Roma, nel giorno della diffusione della serie, si è svegliata con le strade tappezzate di cartelloni con il volto di Emanuela, gli stessi che erano stati attaccati ovunque al momento della sua scomparsa. Chi scrive nel 1983 non era ancora nata, ma il salto temporale si è sentito forte e chiaro.
Commissione parlamentare d'inchiesta
La serie Netflix poco dopo è stata seguita dalla volontà di istituire una Commissione d’inchiesta parlamentare. Non accadeva per la prima volta, eppure c’era un presentimento diverso sull’eventualità che sarebbe o meno andata in porto. Noi di MOW al momento della presentazione della proposta eravamo presenti, non smettendo poi di seguire da vicino tutti gli sviluppi di questa intricata vicenda. Dopo tre mesi di votazioni e consultazioni è arrivato l’ok da parte della Camera: ora la proposta è passata nelle mani del Senato. In buona sostanza la Commissione, se riuscirà a vedere la luce, avrà il potere di indagare come se fosse una Procura. L’auspicio generale è che faccia meglio di quanto accaduto in passato, data l’archiviazione del caso nel 2015 per volontà della Procura di Roma. Archiviazione che è avvenuta in un momento ben preciso, e decisa dall’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, ora a capo del Tribunale Vaticano. Salto di qualità degno di nota. Archiviazione che in qualche modo si collega con la tumulazione di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, nella Basilica di Sant’Apollinare. Basilica che Emanuela frequentava abitualmente per le sue lezioni di musica. Ipotesi che Pietro ha avanzato più volte: “Il Vaticano chiese alla Procura di Roma un aiuto per spostare le spoglie di Enrico 'Renatino' De Pedis, perché ovviamente creava imbarazzo alla Chiesa. Giancarlo Capaldo, che al tempo era Procuratore e titolare dell'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela, propose una contropartita: aiuto in cambio della restituzione dei “resti” di Emanuela. Ci furono due colloqui tra Capaldo e due emissari del Vaticano, in cui confermarono la disponibilità della Santa Sede ad arrivare a una conclusione. Dopo poco Giuseppe Pignatone venne nominato capo della Procura e chiese l'archiviazione del fascicolo riguardante la scomparsa di mia sorella, fascicolo che Capaldo si rifiutò di firmare. E poi, dopo pochi mesi, Papa Ratzinger si dimise". Una casualità? Difficile.
Indagine in Vaticano
La vera scossa è arrivata con l’apertura di un’inchiesta interna al Vaticano. La prima dopo ben quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela. Anche questo un caso? Molto probabilmente no. L’inchiesta è stata annunciata quando il corpo di Papa Ratzinger era ancora caldo, rendendo impossibile non pensare che possa esistere un collegamento con i due eventi. Connessione di cui mesi fa abbiamo parlato con Pietro Orlandi: “I tempi della Chiesa sono molto dilatati, basta pensare che Giovanni Paolo II nel 1983 ha aperto per la prima volta un'inchiesta su Galileo Galilei. Il momento è strano, muore un Papa e si apre l’indagine. Una cosa del genere in Vaticano può accadere solo per volontà del Papa”. Per anni il Vaticano ha volutamente scelto di non indagare. Motivo? Emanuela, nonostante fosse una cittadina vaticana, era scomparsa sul territorio italiano. Circostanza che, secondo la Santa Sede, lasciava ogni onere d’inchiesta alla magistratura italiana. Pietro da mesi chiede di essere ascoltato in Vaticano, dichiarando di essere in possesso di informazioni importanti che potrebbero rivelarsi utili alle indagini. Diddi, dopo un lungo silenzio, ha convocato Pietro Orlandi per depositare gli elementi in suo possesso.
L'ombra della pedofilia
Le piste che in questo arco di tempo così esageratamente lungo sono state battute non si contano più. Compresa quella della pedofilia, che negli ultimi tempi è tornata prepotentemente alla ribalta, complici le dichiarazioni di Pietro: “Una delle possibilità è che Emanuela possa aver subito un abuso, organizzato per creare l'oggetto di un ricatto. E, siccome il Vaticano da quarant'anni fa di tutto per evitare che possa uscire la verità, se nel 1983 si parlava della pedofilia di cardinali come se fosse una cosa normale e accettata, si può pensare che la pedofilia sia anche più su dei cardinali. Quando parlo di persone più su mi riferisco a Wojtyla. Emanuela, una settimana prima della scomparsa, raccontò a una sua amica delle elementari che una persona molto vicina al Papa l’aveva infastidita. Mia sorella frequentava spesso i giardini dove andava a pattinare, quindi una situazione del genere è possibile che sia accaduta sul serio. Ovviamente non so se sia legata con quello che poi è successo dopo. Fatto sta che la pedofilia era conosciuta ed accettata, visto che la gendarmeria, la polizia del Vaticano, come primo pensiero ha avuto quello di andare da tizio e caio, cardinali, che sapevano fossero soliti nel fare queste cose. Che avessero il vizio, come lo chiamano loro”. Accuse pesanti, che arrivano a coinvolgere perfino l’alto vertice della Chiesa cristiana. Dio in terra per intenderci. Dimostrare il suo coinvolgimento, per di più dopo quarant’anni, sarebbe qualcosa di più che leggendario. Qualcosa che meriterebbe uno spazio apposito nei libri di storia, qualcosa che nemmeno Trump con la sua incriminazione potrebbe mai eguagliare. Cosa accadrà ora non ci è dato saperlo. Un certo fermento sta bollendo in pentola, incredibilmente da entrambi i fronti. La speranza è che non si tratti solo dell’ennesimo polverone privo di sostanza.