Il dollaro rischia di chiudere i primi sei mesi del 2025 con la sua performance più negativa da oltre cinquant’anni, precisamente dal crollo del sistema di cambi fissi di Bretton Woods nel 1973. Secondo il Financial Times, il biglietto verde ha perso più del 10% del suo valore rispetto a un paniere di sei valute “forti”, come euro, sterlina e yen. Un tonfo pesante, figlio di molte tensioni. Al centro di questa debolezza c’è la guerra commerciale in corso. Le continue schermaglie tariffarie lanciate e ritirate dalla Casa Bianca hanno messo in crisi la fiducia negli Stati Uniti, minando la base su cui poggia la forza del dollaro. E anche se Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, tenta di mantenere la linea dura, i mercati scommettono che alla fine la Fed abbasserà i tassi di interesse più volte nel 2025, indebolendo ulteriormente la moneta americana. Nel frattempo, l’Unione Europea ha inviato il commissario Maroš Šefcovic a Washington con un’agenda chiara: negoziare per smorzare le tensioni e trovare un accordo sui dazi. Bruxelles vuole evitare che questa guerra commerciale finisca per fare più danni che benefici. Il risultato? L’Euro ha guadagnato oltre il 13% da inizio anno, arrivando a superare quota 1,17 dollari. Una sorpresa, considerando che fino a pochi mesi fa gli esperti prevedevano un rafforzamento del dollaro contro le valute penalizzate dalle tariffe americane.

Un dollaro più debole rende più competitive le esportazioni statunitensi, dalla tecnologia all’energia, aiutando a rilanciare l’industria americana. Ma allo stesso tempo, rende più costosi i prodotti importati, spingendo verso una maggiore produzione interna, come auspicato dall’amministrazione Trump. Per Stephen Miran, consigliere economico della Casa Bianca, la svalutazione del dollaro è una strategia per riportare fabbriche e lavoro negli Stati Uniti. Tuttavia, questo calo riflette anche una crescente incertezza sul futuro dell’economia americana e sulla solidità del suo sistema politico. Il dollaro, da sempre considerato un porto sicuro, rischia di perdere parte di questo status. Il tutto arriva mentre gli Stati Uniti si preparano ad affrontare un aumento record del debito pubblico, stimato tra i 3 e i 4 mila miliardi di dollari, tra nuove spese e tagli fiscali previsti dal cosiddetto “One Big Beautiful Bill” di Trump. Una sfida enorme per la tenuta economica del Paese e per il valore del suo biglietto verde.
