Sicuramente è più famosa degli ultimi vincitori del Nobel, quelli del 2021, del 2020 e del 2019 (con eccezione del controverso Peter Handke). Sicuramente la potete trovare nelle librerie, con vari titoli tradotti dalla casa editrice L’orma. Non è la libraia di una piccola provincia indiana che scrive nel tempo libero e che a uno dei giurati sarà capitato di leggere in un viaggio turistico in quelle zone. Nulla di esotico. Annie Ernaux vince il più prestigioso premio della letteratura al mondo. Lo vince “per il coraggio e l'acutezza clinica con cui ha svelato le radici, gli straniamenti e i vincoli collettivi della memoria personale". Per chi l’ha letta si potrebbe dire anche: per la chirurgica onestà intellettuale nel raccontare il dolore come evento collettivo. La Francia detiene il record per numero di vincitori del Nobel per la letteratura, e ora si aggiudica una sedicesima medaglia. Per gli addetti ai lavori il nome di Annie Ernaux non è certamente nuovo e la sua opera è tradotta in varie lingue. Ok. Ma chi ca**o è Annie Ernaux?
Nasce in Francia, più precisamente in Normandia, più precisamente a Lillebonne. È il primo settembre del 1940, in quella regione né estate né autunno. I genitori hanno un bar in cui si vende anche altro, trascorre l’infanzia a Yvetot con loro. Alle spalle la famiglia ha un lutto neanche troppo passato. Sei anni prima di Annie muore la prima figlia. Ernaux diventa una primogenita abusiva, a sua insaputa. La famiglia ha umili origini ma l’attività commerciale li proietta nella sfera sociale della classe media francese, uno degli ambienti paradigmatici dello spirito borghese novecentesco. E Annie Ernaux sembra voler provare a strapparsi di dosso quest’appartenenza militando e impegnandosi nel sociale negli ambienti femministi. Si laurea all’Università de Rouen e inizia a insegnare in un liceo. Ovviamente lettere. Il primo matrimonio non va a buon fine. Scrive tanto della sua vita. Parla di un aborto spontaneo, L’evento che dà il titolo al romanzo autobiografico. Siamo nel 2000, l’anno in cui lascerà l’insegnamento. Il libro verrà ripreso per farne un film, vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia del 2021: La scelta di Anne (traduzione assai discutibile). Quel momento lo descrive così: “In mezzo alle cosce vedevo le piastrelle del pavimento. Spingevo con tutte le mie forze. È zampillato all’improvviso come lo scoppio di una granata, in un fiotto d’acqua che si è allargato fino alla porta. Ho visto un piccolo bambolotto penzolarmi dal sesso, appeso a un cordone rossastro. Non avevo immaginato di avere dentro di me una cosa così. Dovevo camminare portandomelo dietro fino alla stanza. L’ho preso in una mano – aveva una strana pesantezza – e mi sono trascinata lungo il corridoio stringendolo tra le cosce. Ero una bestia”.
Il suo linguaggio è netto, a volte brutale, la letteratura che passa per la vita sa di ferro come il sangue e come la lama, ti affetta l’anima e gli occhi la notte, fino a non farti dormire. I premi prima del Nobel sono tanti: il Marguerite Yourcenar alla carriera nel 2017, lo Strega europeo nel 2016, il Marguerite Duras nel 2008. La sua carriera letteraria inizia nel ’74 con Les Armoires vides e prosegue ben oltre la fine del secolo. Anzi, proprio dopo aver lasciato il suo ruolo di insegnante si dedica a un’opera amazzonica, un flusso continuo e dalla forza torrenziale, intitolato Gli anni. Avete presente tutti quegli influencer che si sentono geniali a parlar di sé su Tik Tok o su Instagramm. Annie Ernaux lo fa per fare arte, ed è questa la cosa davvero difficile. Troppo facile riprendersi con le guance umide di lacrime e chiedere alla gente di commentare e dire cosa ne pensano. Annie Ernaux prende dei fogli, li riempie di parole, li pubblica e li dona al mondo senza chiedere nessun parere, nessuna opinione del pubblico. Quella arriva dopo, e non arriva mai direttamente alle sue orecchie. Il coraggio di scrivere e lasciarsi alle spalle quel senso di approvazione che noi, se ci apriamo, stiamo sempre a elemosinare. È il modo migliore di descriverla. Annie Ernaux rompe il muro della privacy e ci parla della Storia attraverso la sua vita. È stata ed è una femminista, crede nel potere politico della letteratura; in un'intervista una volta ha detto: “Vede, nella mia scrittura, anzi nel mio desiderio di scrivere c’è una speranza di poter cambiare, di poter migliorare il presente così come il futuro”. Un’autrice immersa in quella storia che è nostra, europea, occidentale, fragile, frenetica, accelerata. Una firma del nostro tempo che ha lasciato un segno sapendo guardare al passato, nel tentativo di cambiare il mondo dall’interno, con l’arma spessissimo liquidata e considerata innocua se confrontata all’economia o alla politica: la letteratura.