Dario Fabbri è diventato negli ultimi mesi una presenza costante nello scenario mediatico italiano. Circostanza che – per nulla a caso – è coincisa con l’estremo inasprimento della situazione sull’asse Mosca-Kiev e la degenerazione nell’attuale conflitto. Da allora, la recente quotidianità lo vede giostrarsi tra il tg di Enrico Mentana (presenza giornaliera fissa), la direzione dell’inserto geopolitico mensile di Domani, la collaborazione con il centro di ricerca geopolitico e macro-finanziario Macrogeo, la carriera di insegnante presso la Scuola di Formazione del DIS e la Scuola Holden e, ultimo ma non ultimo, le numerose ospitate in tv. Un presenzialismo che in molti altri casi avrebbe già generato polemiche al vetriolo del tutto sconnesse dall’effettiva validità e competenza della persona, e che avrebbe cavalcato quell’istintivo sentore di noia pronto a invaderci quando ci rimbalza troppe volte davanti agli occhi lo stesso personaggio.
Tutto questo però non è successo con Dario Fabbri, 42enne giornalista e analista politico che arriva dalla scuola di Limes (diretto dall’altrettanto lucido e presente in TV Lucio Caracciolo). A scoraggiare un simile tiro al piattello sarà stata sicuramente la pacatezza espositiva, così come la decisione del tono, quel suo scandire le parole alla perfezione e la capacità di costruire un racconto chiaro e mai complesso, privo di ipertecnicismi o connessioni forzate. Eppure, sopra ogni altra cosa, c’è la concreta possibilità che Fabbri piaccia esattamente per il motivo opposto a quello che porta vagonate di accoliti a unirsi ai duri commentatori del momento, quelli pronti a schierarsi con convinzione e, se serve, veemenza con questa o quell’altra linea d’azione o scelta geo-politica: Dario Fabbri non esprime opinioni.
Una “mancanza” cruciale proprio perché non tronca le analisi bensì le estende: laddove molto spesso l’excursus sui fatti si conclude molto presto per lasciare spazio a sentenze sommarie (e non richieste), Fabbri sviscera gli scenari geo-politici in maniera precisa e completa, senza però per questo perdere di vista il lato umano di quanto descritto, come ha lui stesso evidenziato in una recente intervista rilasciata al giornale online Esquire:
“Alcuni colleghi anche molto bravi applicano alla geopolitica modelli matematici, ma per come la vivo io la geopolitica deve avere assolutamente un fondamento umanistico. Di vitale importanza è la conoscenza della storia: la geopolitica ha un campo lungo di sguardo, deve sapersi straniare dall’immediato per guardare al futuro, stabilire che ciò che viviamo può esistere anche al di là delle nostre suggestioni odierne, e per farlo ha bisogno di guardare al passato”.
Quasi inutile dirlo: in un panorama mediatico dominato da personalissimi punti di vista strillati con tanto di saliva a colpire i diretti interlocutori – contro ogni normativa covid, tra l’altro – Dario Fabbri rappresenta una ventata di lucidità e competenza che può portarci a capire meglio la complicata cronaca estera odierna e non solo. E contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo molti l’hanno capito e apprezzato, lasciandolo fuori dai “che palle”, “chi l’ha raccomandato” o “chi lo paga questo?!”. Almeno per il momento…