Il braccio destro di Giorgia Meloni è una Giorgia Meloni al maschile, con l’accento toscano anziché romano de Roma, ma a differenza della leader è un uomo di partito con doti più da organizzatore che da tribuno. È Giovanni Donzelli, 46 anni, fiorentino. Il suo cursus honorum è analogo alla Meloni, avendo mosso i primi passi della carriere politica nelle strutture giovanili, in età studentesca nel missino Fuan e poi, nella seconda metà degli anni ’90, spiccando il volo da presidente di Azione Universitaria e subito dopo come portavoce nazionale della Giovane Italia. Risale a quegli anni e a quel crogiuolo, la cosiddetta “generazione Atreju”, il rapporto di fiducia con Giorgia, allora a capo di Azione Giovani, la sigla che raggruppava le organizzazioni di Alleanza Nazionale dedicate agli under 30. Un sodalizio durato nel tempo, visto che Donzelli è diventato il dominus dell’apparato di Fratelli d’Italia, gli occhi e le orecchie della Meloni in un partito passato dal 2% del 2013 al 26% di oggi.
Una delle chiavi per comprenderne l’ascesa, a parte il ruolo di unica opposizione nell’ultimo anno e mezzo, è la lunga marcia nelle amministrazioni degli ultimi vent’anni, sia pur in posizione fino a ieri ancillare rispetto a Forza Italia e alla Lega. Donzelli ne è un esempio: doppietta da consigliere comunale a Firenze con An nel 2004 e nel 2009, l’anno successivo è eletto consigliere regionale e nel 2012 diventa coordinatore di FdI in Toscana, storica roccaforte di sinistra. Dai banchi della Regione si fa notare come il classico mastino di minoranza: esposti su esposti, alla vecchia maniera. Nel 2018 è deputato, incarico confermato in questa tornata in cui, fra parentesi, si è preso la personale soddisfazione di brindare a Fratelli d’Italia lista più votata in assoluto. Il suo talento più vero, però, è gestionale: la Meloni gli ha affidato da anni la non facile missione di tenere le redini della sterminata mappa delle sezioni territoriali, eredità dell’antico radicamento missino. Con una particolare attenzione, tradottasi nella famosa “circolare Donzelli” di qualche mese fa, nel mettere la museruola alle esternazioni autolesioniste che ogni tot scappano a qualche dirigente locale. Leggi: uscite pubbliche, sui social o meno, in cui traspare qualche nostalgia non del tutto sopita per le origini fasciste.
Insostituibile macchina da guerra, il fedelissimo Donzelli ha già dichiarato che resterà a sovrintendere le retrovie, anziché assurgere a qualche posto nel nuovo governo. Se ne deduce che Meloni&C abbiano afferrato la lezione: quando una forza politica sale così rapidamente e vertiginosamente nei consensi, pensare solo a spartirsi il potere al centro trascurando le periferie è un errore che può costare caro, sul medio periodo. Annotazione curiosa sull’uomo: diplomato al liceo scientifico, boyscout, il giovin Donzelli ha lavorato come strillone per la società dei genitori di Matteo Renzi, la Speedy Srl. “Voleva spiegare a noi come si vendevano i giornali ai semafori senza averne mai venduto uno”, ha ricordato a Libero nel 2016. Carattere da bastiancontrario, pare che la Meloni di lui dica che sotto il fascismo sarebbe stato antifascista. Intanto, avrà le sue belle gatte da pelare per coprirle le spalle sul “fronte interno”, per così dire. Dovrà sfoderare tutte le qualità da “turbo-pragmatico”, come lo chiamano i camerati, pardon, compagni di partito.