Joe Rogan è il numero uno mondiale dei podcast. Il suo Joe Rogan Experience, nato nel 2009, ha una media di 11 milioni di ascoltatori per episodio e per averlo in esclusiva Spotify nel 2020 ha pagato qualcosa come 100 milioni di dollari. Partito come comico, conduttore televisivo (“Fear Factor”) e commentatore (di arti marziali miste), ora è uno dei più influenti personaggi mediatici d’America e, quindi, del mondo (almeno di quello occidentale).
Su queste basi è stato preso di mira con l’accusa di fare disinformazione e diffondere affermazioni fuorvianti sul Covid. Non tanto o non solo per la propria gestione personale della malattia (è stato criticato per esempio per il suo utilizzo di farmaci “alternativi” per curarsi), ma soprattutto per gli ospiti del suo podcast (tra i quali, qualche anno fa, anche Elon Musk che si faceva una canna).
Prima è stato bersaglio di una lettera aperta di 270 scienziati, medici e ricercatori, poi è arrivato l’ex hippy (si può essere ex hippy) Neil Young a chiederne la censura, dicendo a Spotify “o lui, o me”, uscendone scornato e venendo poi imitato dall’altra ex hippy Joni Mitchell e da Nils Logfren della E Street Band di Bruce Springsteen, che hanno deciso di ritirare la propria musica dalla piattaforma di streaming, con conseguenze praticamente solo su loro stessi.
Da parte sua, Joe Rogan non ha bisogno di Spotify. Il suo programma esisteva prima ed esisterebbe dopo. Spotify lo sa e per questo, come già fatto da Netflix con Dave Chappelle, lo ha difeso, pur con i distinguo del caso per provare a non scontentare troppo gli altri (per esempio annunciando l’intenzione di mettere prima delle puntate un avviso sul Covid). Qualcosa è cambiato solo dopo l’attacco di una coppia di altri nomi di rango sotto contratto con Spotify, il duca e la duchessa di Sussex Harry e Meghan, pagati 25 milioni per produrre (finora) solo un episodio, e ciononostante “a disagio” per il caso Rogan.
Alla fine Rogan ha scelto di percorrere la strada, se non del cedimento, almeno della diplomazia, ma mettendo in chiaro alcuni aspetti, “stranamente” per nulla o poco sottolineati dai media che hanno riportato (parte del)le sue dichiarazioni e che si sono concentrati solo sulla sua intenzione di “bilanciare il podcast”: “Ci sono un sacco di persone che hanno una percezione distorta di quello che faccio, magari basata su brevi spezzoni audio, titoli o articoli. Il podcast è stato accusato di diffondere pericolosa disinformazione, in particolare per due episodi: uno con il dottor Peter McCullough e uno con il dottor Robert Malone. Il dottor McCullough è un cardiologo ed è il medico più pubblicato della storia nel suo campo. Il dottor Robert Malone ha nove brevetti sulla creazione del vaccino a tecnologia MRna ed è almeno in parte responsabile della tecnologia che ha portato alla creazione dei vaccini a MRna. Entrambi sono molto qualificati, molto intelligenti e di successo. Hanno opinioni diverse da quelle della narrativa mainstream e io volevo sentire quelle opinioni. Li ho ospitati e qui due episodi sono stati bollati come contenenti pericolosa disinformazione. Il problema che ho con il termine “disinformazione”, specialmente oggi, è che molte delle cose che solo poco tempo fa ritenevamo essere disinformazione ora sono accettate come fatti. Per esempio, se qualche mese fa dicevi che da vaccinato potevi comunque prendere il Covid e potevi contagiare, saresti stato cancellato dai social media, ti avrebbero bandito da alcune piattaforme. Ora, questo è accettato come fatto. Se dicevi che non sapevi se le mascherine in tessuto funzionassero saresti stato bandito dai social media: ora lo dicono e lo ripetono sulla Cnn. Se dicevi che ritenevi possibile che il Covid sia nato in laboratorio saresti stato bannato da molte piattaforme. Ora è in copertina su Newsweek. Tutte quelle teorie che a un certo punto erano bandite sono state apertamente discusse dai due ospiti del mio podcast sotto accusa per disinformazione pericolosa. Non so se abbiano ragione, non lo so, perché non sono uno dottore né uno scienziato, sono solo una persona che si siede e fa conversazione con delle persone. Può capire che sbagli o capisca male? Assolutamente. Ma quando sbaglio mi correggo, perché sono interessato a dire la verità e a scoprire quale sia la verità, e sono interessato ad avere conversazioni interessanti con persone delle opinioni più diverse”.
Ma la più grande delusione, forse, sono gli ex hippy. Gente come Neil Young, passati da Woodstock, dalla droga libera, dalle canzoni arrabbiate sul Vietnam, dalle accuse a Nixon, dall'album Freedom e dal Freedom of Speech Tour (non più tardi del 2006) al provare (senza successo) a indurre un colosso capitalista a censurare un altro suo iscritto perché ospita opinioni che non gli piacciono (ammesso che le abbia ascoltate). Dalla lotta contro ogni autorità precostituita alla campagna per far sì che un’autorità precostituita faccia fuori un singolo (parzialmente) dissidente. Che caduta.