Non l’anno migliore dei Måneskin, questo è sicuro. Soprattutto se si pensa alle prime vere bocciature su giornali importanti come il The Atlantic, e a maggior ragione visti i risultati di ieri. C’è chi li dava per vincitori, nella categoria di miglior artista esordiente. Peccato però che la cover band più famosa del mondo corresse in gara contro una fuoriclasse assoluta, vincitrice a soli 20 anni del “Sarah Vaughan International Jazz Vocal”. Di chi si tratta? Di Samara Joy, la voce nera che sta incantando il mondo con la sua ripresa dei grandi classici in chiave moderna, grazie al trio “capitanato” dal chitarrista Pasquale grasso (altro fuoriclasse). Tanto che il Guardian titola: “La canzone classica americana in mani giovani e sicure”. Sì, perché è tanto giovane quanto i nostrani, giovanissimi, incantatori di serpenti (il cui merito più grande è stato, forse, aver fatto scoprire a qualcuno Tom Morello). Torniamo a noi. Ma chi è Samara Joy, che ha soffiato il Grammy ai Måneskin? Ve lo diciamo noi, che l’abbiamo sentita alla fine della scorsa stagione dell’Umbria Jazz (in apertura del concerto di Jeff Beck e Johnny Depp).
Samara Joy viene da Castle Hill, un quartiere al confine sudest del Bronx. Negli anni ’70, per via della cosiddetta “fuga dei bianchi”, le vie si spopolarono e la zona ebbe un momento di crisi. Crisi acuita ulteriormente dall’epidemia di crack degli anni ’80 e oggi da una situazione abitativa traballante. Potete già avvertire il fermentare di un jazz autentico. Nasce nel 1999, Samara Joy McLendon, ed è già figlia d’arte. I nonni cantavano gospel e fondarono il The Savettes, a Filadelfia. Lui Elder Goldwire McLendon, lei Ruth, le radici di un albero destinato a dare grandi frutti. Il figlio, infatti, è un bassista, amico di Motown e tournista per il cantante Andraé Crouch. Samara non poteva che crescere a contatto con la musica. Ma la scelta di diventare cantante è arrivata senza pressioni: «Ho deciso da sola di fare la musicista, anche se sono cresciuta sempre con il ritmo che mi girava attorno tutto il giorno. Da ragazzina suonavo e cantavo per imitare la mia famiglia, non pensavo assolutamente certo alla carriera». Frequenterà la Fordham High School for the Arts e vincerà l’Essentially Ellington della Fordham University. Si esibisce così, giovanissima, al Lincoln Center.
Successi replicati nel 2019, a soli 20 anni, con il “Sarah Vaughan Internazional Jazz Vocal”, dedicato alla memoria di uno dei riferimenti principali di Samara, la cantante jazz Sarah Vaughan. Nel 2021, per non farsi mancare niente, il Jazz Times l’ha nominata Miglior artista esordiente dell’anno. Gira l’Europa e l’America e il suo successo sbarca anche sui social. Il suo account su TikTok, oltre che seguitissimo, raggiunse il record di 1,5milioni di visualizzazioni per una canzone jazz. Immaginatevi cantre jazz su TikTok e incantare ragazzine e ragazzini che probabilmente non hanno mai sentito nominare Pat Metheny. A proposito di Metheny. Una volta il nume tutelare dei chitarristi (con 20 Grammy in carriera) disse di Pasquale Grasso, un giovane chitarrista di origini italiane ma di casa a New York: « «il miglior suonatore di chitarra che ho ascoltato forse nella mia intera vita». Proprio con lui Samara Joy inizierà un tour che la porterà anche all’Umbria Jazz, il fiore all’occhiello di Perugia.
Qui scatta l’amore a prima vista. Sale sul palco con una formazione veramente minimal. Non sembra avere 23 anni, la voce è il concentrato di tante generazioni di artisti, tutte racchiuse in lei. Una voce che sa di nostalgia, tanto ricorda la grandezza delle voci indimenticabili del Novecento jazzistico. Doveva aprire il concerto a Jeff Beck e Johnny Depp, ma diventa uno spettacolo a se stante, che avrebbe meritato uno spazio molto più grande. Non c’è quasi più il sentore della luce che ha inondato di arancio il palco per tutto il pomeriggio, ma quanto riscalda quella voce, quanto lenisce la sua musicalità. Ora, a pochissimi mesi di distanza, vince due Grammy, come miglior artista emergente e per il miglior Vocal Jazz Album dell’anno, con il suo Linger Awhile. Ne ha fatta di strada da quell’angolo di New York, tra Westchester Avenue e Whit Plains Road. E pensare che è solo l’inizio.