Soffia un vento di polemica nel mondo della poesia? A leggere di molti commenti e gogne social ad autori più o meno rodati, si direbbe di sì. Tra tutti, questo weekend è stato coperto interamente da una bomba scoppiata sotto a un post della pagina Interno poesia, dell’editore Interno Libri, tra i più attivi nell’ambiente. La casa editrice di Andrea Cati, che nel corso di questi anni ha dato il battesimo a numerose opere prime di successo, accanto a un’operazione meritoria di recupero di alcuni “classici” perduti (tra tutti, Cuore di Beppe Salvia e il recentissimo Un doppio limpido zero di Raffaele Carrieri, curato da Stefano Modeo), propone un catalogo molto folto, che in qualche modo “porta equilibrio nella forza”, ma soprattutto negli animi dei più, spesso schierati, che si lamentano delle proposte poetiche omogenee e dello spazio dedicato solo ai soliti noti. Così è stato anche per il nuovo libro della poetessa Giuseppina Biondo, lanciato il 18 gennaio scorso e pubblicato il 25, Lingua di mezzo (Interno Libri). Qualche testo stava già girando online, ma il post dell’editore (noto per il suo blog di poesia tra i più seguiti del web) di venerdì scorso ha innescato una serie di commenti offensivi e insulti che hanno lasciato trasparire, a detta della Biondo, poca attenzione verso il testo. Il cuore delle discussioni? In larga parte l’uso di alcuni verbi intransitivi, che vorrebbe fare il calco al parlato di alcune regioni, poco apprezzato dai lettori e da molti poeti. A gamba tesa è intervenuta anche la Setta dei poeti estinti, che ha liquidato il testo come non poesia. Parliamo di oltre 200 commenti, numerose condivisioni, e attacchi su più fronti ai quali ora, una volta per tutte, ha deciso di rispondere.
Quando ti sei accorta dei tanti commenti negativi?
Quasi subito. L’attacco è stato evidente e massivo ed è risultato talmente fuori misura che presto sono arrivati gli elogi e le difese da parte di persone che non conosco. Chiarisco sin d’ora che il problema non è stato ricevere critiche negative: sono una gran fan delle critiche, le persone alle quali sottopongo i miei testi vi potranno dire che chiedo sempre loro: “E qualcosa che non andava?”, “Qualcosa che ha stonato?”, “Dimmi cosa non ti è piaciuto”. Io ci tengo ai pareri sinceri. Il problema è stato l’atteggiamento aggressivo e acritico: qui nessuno si è domandato se le proprie parole avrebbero ferito qualcuno; nessuno si è chiesto perché questa poesia è stata scritta così, cosa volessi comunicare, quale fosse il contesto. Sono stati ciechi e sordi. Si è come dato per scontato che il componimento fosse riflesso di inesperienza o ignoranza poetica. Sono caduti male.
Tra gli interventi a gamba tesa anche quello della pagina La setta dei poeti estinti. Come l'hai presa?
Quando ho iniziato a leggere i primi commenti, mi sono ripromessa di non rispondere alle critiche, non subito almeno. Non era mia intenzione entrare nel merito di ogni singolo messaggio. A dire il vero, non sapevo neppure come comportarmi, come gestire quel flusso di messaggi, non mi sentivo pronta a dare avvio a un botta e risposta dai toni accesi. Tuttavia quando ho letto il commento della Setta sono rimasta di stucco: non perché fosse una critica negativa, ma per la banalità del commento. Mi è sembrato da subito un commento di pancia e molto stizzoso, tanto da risultare ingiustificabile. Ho sentito di dover rispondere. Posso capire le letture poco soppesate o pressapochiste di alcuni, ma da chi si occupa di letteratura tutti i giorni, no. L’ho presa dunque così come ho risposto loro: con diplomazia e garbo. E da lì i commenti in mio favore (e della poesia) si sono moltiplicati, anche se qualcuno si era esposto in mia difesa già da prima.
Se ti dico Setta dei poeti estinti qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Adesso mi viene da ringraziare i loro curatori. Prima di questo spiacevole episodio, condividevo alcuni loro post. Sto per dire una banalità, ma penso che sia oggettiva e condivisibile: è facile prendere like con la condivisione di testi classici, antichi e moderni. Cosa più difficile è il lavoro di chi rischia mentre scrive (l’autore) e di chi rischia quando pubblica (l’editore) per qualcosa che vuol far dialogare. Bisognerebbe rispettare questo rischio. Bisognerebbe accettare l’invito al dialogo, un po’ meno si accetta l’attacco gratuito e portatore di insulti.
Secondo te perché in così tanti ti hanno criticato?
Hanno risposto di pancia o semplicemente sono legati ad autori classici, altri, credo, hanno peccato di presunzione. A tutti questi vorrei dire, se posso, che la poesia scelta gioca molto con il contenuto dell’intero libro, anche se lo stile spesso cambia da poesia a poesia. Alcune, ad esempio, mi è stato detto, sono catulliane. E, aspetta, direi loro, sì, anche di leggere e innamorarsi di autori come Nicanor Parra e di allargare le proprie letture agli autori stranieri.
Di cosa parla il tuo libro e come è nato?
Il mio libro tratta di lingua come linguaggio e lingua come organo. È nato grazie ad alcune conversazioni avvenute in classe. Lingua di mezzo è così com’è perché alcun* mie* alliev* mi hanno convinta, in qualche maniera, che un tentativo è dovuto con questa lingua. A un tratto io l’ho trovata congeniale a ciò che stavo iniziando a scrivere. È un po’ più complesso di così, magari, ecco, ne parleremo insieme durante qualche presentazione.
Ti ha stupito il linguaggio tanto accalorato per un tuo testo poetico?
Moltissimo. Mi ha sorpresa, sì. Sapevo che il libro avrebbe fatto discutere, perché quando si parla di lingua nascono sempre forti contrasti, ma non mi aspettavo in risposta un linguaggio tanto basso, malevolo, soprattutto con commenti che appaiono privi di senso critico. Non voglio scomodare nessun grande autore del passato, come hanno fatto altri, ma credo che chi conosce la storia della lingua e della letteratura certi commenti non si sognerebbe mai di farli, se non per errore. Credo che sia quello loro, il linguaggio sbagliato. Hanno davvero sbagliato registro linguistico e sono stati sgradevoli nella scelta lessicale.
Cosa non ha capito chi ti ha criticato?
Non dovrei dirglielo io. Se sono intenditori di poesia, troveranno il modo per analizzare meglio i testi, altrimenti poco male.
C'è qualcuno che ti ha difeso?
In moltissimə mi hanno difesa e sotto tanti punti di vista. Mi sono sentita protetta sia come persona, sia come autrice. E dire che quelle persone io non le conosco neppure: questo mi ha davvero entusiasmata. E sono grata a tutte loro. Alcune appartengono al mondo della poesia e le conosco, chi meno, chi meglio. Hanno preso parte alla discussione Isabella Leardini e Giovanna Vivinetto, tra le prime Franca Alaimo e Viviana Viviani. Ma devo ancora recuperare tutti i commenti, ce ne sono davvero tanti distribuiti tra i vari social.
Quindi il tuo libro è arrivato.
È prematuro per affermarlo. Sono però felice del fatto che molti si sono incuriositi e mi hanno scritto che lo leggeranno o di averlo già acquistato. Una volta che verrà letto il volume, allora sì che potremo parlare di nuovo della validità di queste mie poesie.
Credi che l'attacco fosse diretto anche al tuo editore?
Alcuni commenti erano rivolti all’editore, sì. Mi dispiace doppiamente. Lui ha scommesso su questo libro. Io ho scommesso sulla voce che ho utilizzato. Per noi doveva essere un giorno di festa, si è trasformato in un campo di battaglia. Qualcuno si è anche lamentato che io non abbia risposto ai loro commenti. Ma davvero dovrei rispondere (per giunta subito, a comando) a così tante persone che hanno avuto la fretta incontinente di offendere e magari pregiudicare il mio lavoro? No, preferisco prendermi il tempo che mi serve e risponderò come ho sempre fatto alle persone che si porgono in maniera educata.
Credi che l'uso di un linguaggio più inclusivo abbia fatto storcere il naso a qualcuno?
Ad alcuni sì, e mi aspettavo critiche in tal senso, ma non a tutti. Alla maggior parte ha dato più fastidio il mio uso dei verbi intransitivi. Come ho scritto su FB, la poesia incriminata ironizza sul desiderio di poter usare i verbi intransitivi in maniera transitiva. Una persona lucida, che non commenta di pancia, capirebbe che ciò non significa necessariamente usare queste formule o imporle agli altri. Chiudo la poesia con un verso, preciso, rappresentativo:
Mannaggia, mia lingua, che sei di tutt* e di nessun*.
Credo che il risentimento e gli apprezzamenti verso questa poesia derivino davvero dal fatto che il testo ha evidenziato una verità. La lingua è di tutti e di nessuno (senza * il messaggio passa meglio?). La lingua è libera. L'indignazione che si è scatenata, i commenti, gli schieramenti così netti che continuano a susseguirsi, penso che diano ragione ai miei versi: i detrattori, non comprendendo, si sono sentiti in dovere di difendere la propria, di lingua.
Qual è l'antidoto per il veleno dei social?
Forse rispondere socraticamente e con grande educazione. Ai pochi messaggi e commenti che mi sono sentita di controbattere, ho semplicemente fatto domande e chiarito qualche punto. Se si fanno le giuste domande, le persone smettono di parlare.
Ecco la poesia per intero, criticata dal web:
Io voglio poter dire: esci
la lingua dalla bocca, sali
le valigie e tutte le borse, scendi
la pasta o il cane. Tutti quei verbi intransitivi,
che a voi suonano male,
usarli in maniera transitiva.
A me sembra normale uscire qualcosa dal frigo,
suona bene, vedo il gesto corretto.
Mannaggia, mia lingua, che sei di tutt* e di nessun*.
(da Lingua di mezzo, Interno Libri 2023)