Erano tre i nomi espressi dalla commissione istituita dal Consiglio Superiore della Magistratura per il ruolo di procuratore di Napoli: Nicola Gratteri, capo dei Pm di Catanzaro, Giuseppe Amato, procuratore capo di Bologna, e Rosa Volpe, che negli ultimi mesi ha svolto le funzioni di procuratore proprio a Napoli, dove il posto era vacante. I 19 voti al Plenum a favore di Gratteri sono valsi la nomina. A sostenerlo sono stati i laici di centro-destra, Ernesto Carbone di Italia Viva, Michele Papa del Movimento 5 Stelle e Fabio Pinelli, il vicepresidente del Csm. Ha fatto discutere la scelta di Pinelli di prendere parte al voto: la prassi generalmente adottata prevede l’astensione del vicepresidente nelle nomine che vedono le componenti consiliari frammentate. La questione era già stata sollevata in occasione della nomina del procuratore capo di Firenze, Filippo Spiezia, dove il voto di Pinelli era stato decisivo. Il quotidiano La Stampa aveva definito l’azione uno “strappo istituzionale”. A proposito della votazione appena conclusa, invece, ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera: “Ritengo doveroso e opportuno dare il mio contributo nei casi di maggior rilievo, assumendomene la responsabilità”. Inoltre, ha aggiunto che rispetto alla media delle partecipazioni alle votazioni dei vicepresidenti dal 1998 a oggi, la sua è ampiamente sotto la media. Per cui, a suo dire, non c’è nessun caso. Non si scompone neanche sulla presunta spaccatura interna al Csm: “Dividere la magistratura fra destra e sinistra è riduttivo e fuorviante, e va rivalutata l’importanza dei laici all’interno del Csm”. Una prospettiva miope, dunque. Anche se, insiste Giovanni Bianconi, autore dell’intervista, se si guardano i voti la divisione sembra netta. Infatti, sono solo quattro i voti trasversali tra togati e laici. Ma a dover essere esclusa, secondo Pinelli, è la subordinazione delle decisioni del Csm all’orientamento politico di un Procuratore. Nessuna agenda politica, secondo Pinelli, sarebbe determinante nelle iniziative della magistratura. L’unico presupposto è “la presunta violazione della legge”.
Fabio Pinelli, classe 1966 e laureato in giurisprudenza alla Statale di Milano, è un avvocato specializzato in diritto penale. La sua elezione a vicepresidente del Csm è avvenuta il 25 gennaio 2023, superando di pochi voti (17 a 14 su 33 consiglieri votanti) il candidato vicino al Pd, Roberto Romboli. Pochi giorni prima, era stato eletto dal Parlamento come membro laico del Csm con il sostegno della Lega di Matteo Salvini. Per il partito si era occupato della difesa di diverse personalità di spicco, tra cui quelle del governatore del veneto Luca Zaia e dell’ex sottosegretario del Carroccio Armando Siri. “All’interno del Csm, anche nella componente togata, visioni ideali e culturali diverse sul ruolo del magistrato e della funzione giudiziaria hanno piena legittimità”, dice ancora al Corriere. Ciò che conta, invece, è la lotta alla degenerazione del puro esercizio di potere, la spartizione dei posti più importanti e la distribuzione dei favori. Se da una parte, dunque, la definizione di prerogative e doveri è ben delineata, anche nei confronti della politica deve essere garantito il rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati. In chiusura dell’intervista, alla domanda relativa alle riforme giacenti in Parlamento in tema di giustizia, risponde: “Non io, ma il Csm nell’ambito e nei limiti fissati dalla legge, fornirà i pareri di competenza, in tempi utili perché possano essere valutati dall’autorità politica. Che resta sovrana nel decidere se e come tenerne conto”.