Da due mesi a questa parte, da quando Donald Trump ha iniziato a bombardare gli equilibri globali a suon di ordini esecutivi istantanei e dichiarazioni da spaccone difficili anche solo da immaginare, Steve Witkoff è stato l’uomo-ovunque della Casa Bianca: lo abbiamo visto in visita da Benjamin Netanyahu per convincerlo ad accettare il cessate il fuoco a Gaza; a Mosca per la liberazione dell’insegnate di storia Marc Fogel, che Washington riteneva ingiustamente detenuto; più volte durante i negoziati in Arabia Saudita sul conflitto tra Russia e Ucraina; è stato indentificato da molti come l’uomo di punta per il difficilissimo dialogo con l’Iran e in queste ore è l’uomo che sta preparando il terreno ad un incontro tra Trump e Vladimir Putin, momento che si preannuncia cruciale su molti fronti. Ma chi è costui? Beh, la figura di Witkoff, inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, è tutt’altro che quella di un diplomatico tradizionale. Uno alla Tajani, per intenderci, che nei corridoi di Washington D.C. chiamerebbero “tagliatella”. Perché questo miliardario di 68 anni e magnate del settore immobiliare incarna perfettamente la rivoluzione che Trump sta determinando nella politica globale. Una rivoluzione dove la persuasione conta più di ogni altra cosa e in cui la diplomazia sembra aver abbandonato ogni aspetto cerimoniale di derivazione Ottocentesca per lasciar spazio a una dinamica molto più emotiva, volutamente sgrammaticata, più simile a una trattativa economica tra privati che altro.


Trump e Witkoff sono diventati amici di lunga data dopo un incontro in una gastronomia di New York negli anni Ottanta. All’epoca lavorava per uno studio legale immobiliare che gestiva un affare per Trump. Secondo quanto raccontato nel 2023, nel corso del processo per frode civile del presidente, Witkoff disse che in gastronomia Trump non aveva soldi con sé e gli chiese di ordinargli “un panino con prosciutto e formaggio svizzero”. In seguito diventarono amici e iniziarono a fare affari, spesso siglati sui campi di golfi di cui Trump è patito. Ha sostenuto Trump sia negli affari che in politica sia sganciando milioni – come nel caso dell’impresa di criptovaluta della famiglia del presidente, la World Liberty Financial – che tramite “favori” di altro tipo, per esempio prestando a Trump il proprio jet privato nell’ultima campagna elettorale. In pochi forse sanno che era già al fianco del tycoon durante il suo primo mandato presidenziale, quando ha prestato servizio nel consiglio di amministrazione del John F. Kennedy Center for the Performing Arts.

Nelle ultime settimane il ruolo di Witkoff è diventato centrale. Già da subito dopo le elezioni, nel corso del passaggio di consegne tra l’amministrazione Biden e quella del suo successore, ha fatto la spola tra la capitale israeliana Tel Aviv e Doha, in Qatar, dove erano in corso le trattative per il cessate il fuoco tra l’esercito di Netanyahu e Hamas. Nonostante i passaggi successivi alla prima fase della tregua – che ha portato alla liberazione di 33 ostaggi israeliani a fronte di migliaia di prigionieri palestinesi – siano ancora poco chiari, questo risultato gli ha permesso di ritagliarsi un ruolo di grande importanza nel gabinetto del presidente. A farne le spese, secondo alcuni osservatori, è stato soprattutto il Segretario di stato Marco Rubio, nonostante sia stato proprio Witkoff a suggerirlo a Donald Trump, elemento che non fa altro che contribuire a elevarne l’influenza sul presidente. Ora è la volta delle trattative per la pace tra Russia e Ucraina, un risultato che permetterebbe a Trump di appuntarsi un’altra spilla al petto solo due mesi dopo la sua entrata in carica. Witkoff ha riferito di aver incontrato il presidente russo Vladimir Putin e di star lavorando per preparare il terreno per un momento tanto delicato quanto potenzialmente decisivo: una telefonata tra Trump e Putin per discutere delle soluzioni alla crisi ucraina: “Mi aspetto una telefonata con entrambi i presidenti questa settimana”, ha detto, aggiungendo che “stiamo colmando il divario tra le due parti. Il presidente parla di un lasso di tempo di settimane e non sono in disaccordo con lui. Spero davvero che vedremo qualche vero progresso”. Ancora una volta Witkoff si conferma il satrapo di Trump nel mondo, l’uomo sul quale il tycoon ripone enorme fiducia. Per questo, gli ha affidato il volante della propria macchina diplomatica, la stessa che sta rovesciando gli equilibri della geopolitica globale. E volete sapete perché? Perché Witkoff la pensa come lui: la politica è una trattativa economica tra privati, dove la persuasione conta più di ogni altra cosa.
