Dopo oltre 1900 giorni di prigionia nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, il giornalista e fondatore di Wikileaks Julian Assange è finalmente tornato in libertà. A dare la notizia della sua scarcerazione i canali ufficiali di Wikileaks, così come la moglie, Stella Assange, e le tante associazioni in suo sostegno, poi ripresi dalla stampa di tutto il mondo. Sebbene molta sia la gioia per la sua liberazione però, il prezzo da pagare con la giustizia americana è ancora alto. Assange è stato infatti costretto a dichiararsi colpevole e patteggiare con le autorità americane, al fine di essere davvero libero di tornare nella sua casa, in Australia. Le accuse sono di spionaggio, oltre alla pubblicazione da parte di Wikileaks, tra il 2010 e il 2011, di circa 700mila documenti e file relativi ad attività militari degli Stati Uniti, in particolare contro i civili in Iraq, in Afghanistan e nella prigione di massima sicurezza di Guantanamo, oltre alle rivelazioni sulla missione europea in Libia contro i trafficanti di migranti e lo spionaggio dei leader francesi ed europei da parte della National Security Agency. Per questo Assange sarebbe tenuto a scontare 64 mesi in carcere negli Stati Uniti, ma considerati gli oltre 5 anni già trascorsi in prigione nel Regno Unito, il giornalista potrà tornare libero, dopo l’accordo con il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti.
Dopo che il giornalista ha lasciato il Regno Unito il 24 giugno, a bordo di un jet privato, si è recato infatti a Saipan, un’isola oceanica di circa 50mila abitanti, il cui distretto costituisce la capitale del Commonwealth delle Isole Marianne Settentrionali, nell’Oceano Pacifico Occidentale, in unione politica con gli Stati Uniti d'America. Gli avvocati di Assange hanno raggiunto un’intesa con le autorità statunitensi e il giudice Ramona Manglona del tribunale Federale di Saipan, ha dichiarato che “Assange può lasciare l’aula da uomo libero”, seppur colpevole, ponendo fine a una battaglia legale durata 14 anni, anche se il giornalista non potrà ritornare in territorio statunitense senza autorizzazione.
Assange è quindi partito per l’Australia, in direzione Canberra, ma, se molta è stata la gioia degli amici, dei familiari e di tutti quelli vicini alla sua causa, ci si chiede quale sia il prezzo da pagare per la libertà di stampa oggi. Oltre alla dichiarazione di colpevolezza di Assange, infatti, Wikileaks dovrà distruggere tutti i documenti pubblicati, che nascondono alcuni crimini gravissimi commessi dalle autorità statunitensi, nel corso di missioni diplomatiche molto delicate. Assange credeva che il Primo emendamento della Costituzione americana, che garantisce la libertà di stampa, proteggesse il suo lavoro di giornalista, ma ha dovuto ammettere che si trattava di una “violazione dell’Espionage Act”, al fine di ottenere la scarcerazione.