La tensione tra ultras e società è quasi sempre implicita. I capi della curva muovono centinaia e a volte migliaia di persone, cioè soldi che entrano nelle casse della società. Il codice sportivo vieta che ci siano rapporti diretti tra tesserati e ultras. Eppure ci siamo abituati alle scene, dopo le sconfitte, con i giocatori che vanno sotto la curva a scusarsi per la prestazione, i punti persi, la delusione. Raramente da queste situazioni la giustizia ordinaria trova il modo di procedere. Però capita. Nello Trocchia sul Domani ha scritto dell’inchiesta in corso dei pm romani Francesco Cascini e Francesco Gualtieri sulle presunte pressioni fatte sui calciatori della Lazio da parte di alcuni esponenti della curva Nord. Altri due calciatori, oltre ai cinque già sentiti (Ciro Immobile, Alessio Romagnoli, Adam Marusic, Lorenzo Pellegrini e Ivan Provedel), avrebbero avuto un colloquio con i magistrati in quanto persone informate: Nicolò Rovella e Danilo Cataldi. Gli episodi attenzionati dagli investigatori sono la partita tra Monza-Lazio, finita 2 a 2, e Bologna-Lazio, quando i padroni di casa vinsero 5 a 0. Nella prima furono chiamati a giustificarsi sotto il settore ospiti Ciro Immobile, Luis Alberto, Mateo Guendouzi e Alessio Romagnoli. A dialogare con loro alcuni vertici del tifo organizzato laziale come Giovanni Valente e Francesco Cuomo (candidato di Fratelli d’Italia per il comune di Roma). Era maggio 2024. Quasi un anno dopo, il 16 marzo 2025, al Dall’Ara il Bologna di Vincenzo Italiano stravince contro la Lazio di Davide Baroni. E ancora una volta la squadra si raduna sotto la curva degli ultrà in trasferta. In quel caso fu l’allenatore a fare da pacere, prendendosi le responsabilità della sconfitta. L’indagine portata avanti dalla Direzione antimafia romana sulle presunte pressioni fatte da gruppi della Nord e calciatori, quindi, stando a quanto riportato dal Domani, si sarebbe arricchita di due nuove testimonianze.

Altri due uomini considerati “appartenenti al gruppo ultras degli Irriducibili”, quello di cui Fabrizio Diabolik Piscitelli era capo indiscusso prima di essere assassinato, sono stati arrestati in una diversa indagine, lontana dalla Capitale. Leopoldo e Alvise Cobianchi sono infatti accusati di estorsione, rapina, possesso illegale di arma e rapina, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Insieme ai due uomini della Nord biancoceleste anche un terzo, Daniele Mazzarella, costretto a rimanere a Roma con l’obbligo di firma in caserma. L’obiettivo dei tre era prendersi gli appalti per le Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026, arrivando a minacciare un dipendente, Alec Manaigo, affinché organizzasse un incontro con l’assessore Stefano Ghezze. Negli appunti di Leopoldo Cobianchi si legge una sintesi dei progetti a cui ambivano: “Progetti da assegnare a noi: in zona cimitero uno spazio dedicato a garage e piastre commerciali 100 milioni di euro operazione da fare in partnership come investitori diretti; ex pasticceria stabile in disuso di fronte enoteca; bretella e nuova circonvallazione stradale dal bar Toto fino al cimitero; realizzazione villaggio olimpico in zona Campo 20 milioni di euro poi verrà smantellato o lasciato a uso foresteria a disposizione delle strutture ricettive o ristoranti”. I due Cobianchi e Ghezze durante la campagna elettorale del 2022 si conoscono e in una conversazione avvenuta a casa di Manaigo, stando alle deposizioni, “parlò prevalentemente uno dei due, rappresentando di avere dei locali a Cortina, e di seguire la politica anche a Cortina, e di aver visto i programmi elettorali, affermando che il programma di maggior gradimento fosse proprio quello della lista di Ghezze. Conoscevano parecchie persone a Cortina intenzionate a supportare la lista, tanto che chiesero a Ghezze materiale elettorale da distribuire per favorire la lista, proponendosi quindi di aiutare la sua lista nella campagna elettorale”. Ancora Ghezze, che non cedette alle minacce, dopo le elezioni si incontra con Manaigo e gli parla di un messaggio in cui uno dei Cobianchi “scriveva espressamente di essere ‘boss’ o comunque parte della criminalità organizzata, scrivendo ‘Siamo dei mafiosi, non scherzare con noi’, pretendendo di lavorare per le opere delle olimpiadi”. L’assessore, però, “non diede peso al messaggio, ritenendolo addirittura un’invenzione di Manaigo per ottenere soldi, e comunque non ritenendo che i due soggetti da lui incontrati fossero stati in grado né di influire sulle elezioni, né di aggiudicarsi direttamente gli appalti – tanto da non denunciare il fatto a forze di polizia”. All’origine dell’indagine della Direzione antimafia, però, c’è il traffico di stupefacenti e un pizzaiolo egiziano trovato in possesso di droga (hashish e cocaina) che viveva in un appartamento di Cortina di proprietà dei Cobianchi.
