La pace, o meglio la tregua, nella Striscia di Gaza è arrivata. E quella in Ucraina? Non pervenuta. A vedere Donald Trump impegnatissimo a risolvere la guerra tra Israele e Hamas viene da pensare che il dossier ucraino sia finito in qualche archivio della Casa Bianca, smarrito in mezzo a tante altre scartoffie di secondaria importanza. Il presidente statunitense, infatti, non sembra più essere minimamente interessato a risolvere la contesa tra Mosca e Kiev, la stessa che in campagna elettorale prometteva di sbrogliare in appena 24 ore. Oggi, agli occhi di Volodymyr Zelensky (e non solo i suoi) la situazione appare chiara: Trump si è speso in prima persona a presentare un piano di pace per Gaza ma non sta più facendo sostanzialmente un caz*o per l'Ucraina. Non è un caso che il leader ucraino si sia complimentato con lui per l'importante traguardo raggiunto in Medio Oriente, ricordandogli che adesso è arrivato il momento di “fermare Putin”, qualunque cosa significhi.

Ci dispiace per Zelensky, ma la sensazione è che le sue richieste siano destinate a restare inascoltate. Certo, gli Usa, e con loro il blocco occidentale, continueranno presumibilmente a fornire armi all'Ucraina – entro certe linee rosse – senza tuttavia fare quanto visto per Israele. La verità è che a Trump interessava molto più blindare l'alleanza con Benjamin Netanyahu che non con il presidente sotto assedio di Kiev. Non c'entrano tanto Hamas e Putin, quanto le conseguenze della pace. Quella nella Striscia di Gaza, infatti, potrebbe portare a The Donald e ai suoi amici investitori diversi quattrini. Da tempo si vociferava del progetto di trasformare Gaza in una specie di “Riviera del Medio Oriente”, in un clone di Dubai o di Abu Dhabi, in una “città intelligente” ricca di hotel di lusso e centri commerciali che vendono marchi premium, tra palme, ombrelloni e lettini in riva al mare. Gli ideatori del piano, tra cui alcuni israeliani già coinvolti nella Gaza Humanitarian Foundation, avevano stimato che un investimento iniziale di 100 miliardi di dollari potrebbe generare un ritorno quasi quadruplicato nell’arco di dieci anni. Trump ne avrebbe parlato a fondo con l'ex premier britannico Tony Blair e con il genero Jared Kushner. Risultato: da questa idea sarebbe stato plasmato il piano di pace presentato pochi giorni fa dal presidente statunitense, lo stesso che ha messo d'accordo tutto il mondo. Anche Israele e persino Netanyahu.

Se la pace a Gaza può generare un futuro dorato lo stesso, agli occhi di Trump, non può dirsi per l'Ucraina. C'è stato in realtà un periodo, lo scorso inverno, durante il quale il presidente Usa aveva sondato a fondo la possibilità di mediare un accordo tra Putin e Zelensky, un accordo consistente nel congelamento delle ostilità in cambio di garanzie a entrambi le parti, e con Washington a intascare qualche centinaio di miliardi di dollari di terre rare, ossia litio, lantanio, cerio, neodimio, berillo, che affollano il sottosuolo ucraino e che sono fondamentali per sviluppare una vasta gamma di tecnologie moderne. Zelensky, come avrebbe ribadito qualche mese più tardi alla Casa Bianca, ha però un'altra concezione di negoziati che non include la parola “affari”. Dall'altro, come Trump ha capito incontrando Putin in Alaska, nemmeno il capo del Cremlino ha voglia di perdere tempo in promesse poco chiare. E allora? Niente da fare: per Trump la pace in Ucraina non porta vantaggi. Anche perché Mosca si è legata a doppia mandata con la Cina. Il Cremlino ha firmato ogni accordo economico possibile con Xi Jinping e avrebbe ben poco da offrire a Trump in cambio di una conveniente mediazione. Una pace senza affari? Questo elemento non piace a Donald Trump...
