Roberto Saviano, già nel suo libro "ZeroZeroZero", aveva descritto con precisione il potere trasversale del narcotraffico, capace di infiltrarsi nei settori più inaspettati della società, inclusi gli stadi di calcio. Non sorprende quindi che, ancora una volta, sul Corriere della sera ci racconti di una stretta connessione tra capi ultrà e organizzazioni mafiose. Gli stadi, da tempo considerati roccaforti della passione calcistica, sono diventati veri e propri mercati per la droga, con i clan che gestiscono interamente la filiera. La recente inchiesta della procura di Milano, che ha portato all’arresto dei leader delle curve di Inter e Milan, ha rivelato come questi capi ultrà non siano più semplici tifosi estremisti, ma figure centrali nel traffico di stupefacenti. L’omicidio di Antonio Bellocco, membro di una famiglia 'ndranghetista di spicco, per mano di Andrea Beretta, capo della Curva Nord dell'Inter, ha portato alla luce una dinamica nuova. Beretta, considerato dai magistrati un "tuttofare" delle mafie, ha osato sfidare apertamente una delle famiglie aristocratiche della 'ndrangheta, segno di un cambiamento radicale nelle modalità di gestione del potere.
La mafia prende il controllo diretto
Saviano nel suo articolo sul Corriere sottolinea come le mafie abbiano progressivamente abbandonato la pratica della delega per entrare direttamente nella gestione dei settori economici, e il mondo del calcio non fa eccezione. In questo nuovo contesto, i clan non si limitano più a fornire droga o beni di contrabbando agli ultrà, ma puntano a gestire l'intera filiera economica legata ai club, dai biglietti alla ristorazione fino ai negozi di merchandising. Il caso di Bellocco, che voleva impadronirsi del negozio "We Are Milano" gestito da Beretta, è emblematico: le mafie non vogliono più intermediari, vogliono il controllo totale. Secondo Saviano, questa evoluzione dimostra quanto sia cruciale per le organizzazioni criminali il legame con il calcio. La stabilità dei club e la serenità degli stadi dipendono dal mantenere i rapporti con questi gruppi, che agiscono come veri e propri "azionisti occulti". Le società calcistiche, dal canto loro, sono sempre più incapaci di sottrarsi a questo ricatto. Juventus, Inter, Milan, così come molte altre squadre, sanno da tempo che il legame tra ultrà e narcotraffico è profondo e radicato. Tuttavia, come spesso accade, queste dinamiche vengono ignorate o sottovalutate.
Il vero business? La droga
Il vero motore economico dietro queste operazioni resta sempre lo stesso: la droga. Cocaina, eroina, ecstasy e hashish circolano liberamente grazie alla copertura offerta dai movimenti degli ultrà, che approfittano delle trasferte e delle partite per trasportare ingenti quantità di sostanze. Come scrive Saviano, "la coca è una pianta che ha le foglie in Sudamerica, ma le radici in Italia", e molti di questi "mercati" trovano terreno fertile proprio negli stadi. I bus dei tifosi, spesso scortati dalla polizia per evitare scontri, diventano mezzi ideali per il trasporto di droga. I controlli, seppur presenti, si concentrano quasi esclusivamente su armi o oggetti pericolosi, lasciando spesso passare carichi di stupefacenti. Questo modus operandi è ormai ben conosciuto dalle forze dell'ordine, ma gli arresti e i sequestri sono rari per non alimentare scontri e tensioni all’interno delle curve.
Il caso Napoli e il cambiamento
Non tutte le squadre, tuttavia, si arrendono completamente alla pressione della criminalità organizzata. Il Napoli, ad esempio, ha visto per decenni le sue curve dominare dalla camorra, con gruppi come i "Teste Matte" direttamente legati al narcotraffico. Roberto Saviano ha raccontato in diverse occasioni come De Laurentiis, presidente del Napoli, abbia cercato di contrastare questa influenza, anche a costo di subire furti e intimidazioni. Negli ultimi anni, il Napoli ha tentato di ridurre il potere degli ultrà all’interno dello stadio e di sottrarre loro spazi economici importanti, come la gestione dei biglietti e dei parcheggi. Nonostante la situazione sia ancora lontana dall’essere risolta, il club partenopeo è uno dei pochi esempi di resistenza a questa pervasiva influenza mafiosa.
La situazione attuale e il futuro
Come Saviano ha più volte ribadito sul Corriere e in altre occasioni, la presenza delle mafie nel calcio italiano è un fenomeno che dura da oltre quarant’anni, ma raramente raggiunge i vertici delle squadre. Preferiscono agire nell’ombra, condizionando dall’esterno e infiltrandosi nei settori economici chiave. Nonostante i numerosi tentativi di indagine e le inchieste giudiziarie, dimostrare un legame diretto tra la criminalità organizzata e gli azionisti delle squadre di Serie A resta ancora una sfida complessa. Eppure, come ci insegna Saviano, la connessione tra calcio e mafia non può più essere ignorata. Finché le organizzazioni criminali continueranno a vedere negli stadi un’opportunità per espandere i loro affari, il mondo del calcio non sarà mai veramente libero dalla loro ombra.