Sessanta. Sono le impronte digitali mai analizzate nella villetta di via Pascoli a Garlasco, dove il 13 agosto 2007 fu trovata uccisa Chiara Poggi, 26 anni. Tracce vecchie di diciassette anni eppure mai comparate con nessuno. Oggi, con una nuova indagine in corso e Andrea Sempio ufficialmente iscritto nel registro degli indagati, quelle impronte tornano sotto la lente degli inquirenti. Perché la verità, forse, è sempre stata lì. Solo che nessuno l’ha cercata davvero. La procura di Pavia ha disposto nuovi accertamenti tecnici irripetibili. Si riparte dalle tracce biologiche trovate sul corpo di Chiara e dalla scena del crimine. E stavolta non si lascia nulla al caso: anche il profilo genetico e le impronte di Sempio saranno acquisite e comparate. L’ipotesi è pesante: concorso nell’omicidio, con ignoti o con lo stesso Alberto Stasi, condannato in via definitiva e oggi vicino alla fine della pena. Ma allora: chi ha ucciso davvero Chiara Poggi?


Quella mattina d’agosto, la villetta dei Poggi era un campo minato di errori. Sessanta impronte rimaste a prendere polvere nei fascicoli d’archivio, archiviate come inutilizzabili. Oggi, grazie a tecnologie più evolute, gli investigatori sperano di rianalizzarle e capire finalmente a chi appartengono. Perché se tra quei segni c’è il dito dell’assassino, stavolta la scienza potrebbe riconoscerlo. L’indagine è nelle mani dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano, che stanno riesaminando ogni traccia lasciata in casa Poggi. Un lavoro chirurgico, richiesto anche dalla difesa di Stasi, che continua a chiedere chiarezza. Non solo per la memoria di Chiara, ma anche per chi — colpevole o meno — ha passato anni in carcere. E se davvero ci fosse qualcun altro? Qualcuno che in tutto questo tempo è rimasto nell’ombra, protetto dal silenzio e dagli errori di un’indagine che ha lasciato troppe domande senza risposta? Forse, stavolta, le risposte hanno le impronte.

