Chi ha ucciso Sharon Verzeni? In apparenza un vero e proprio rompicapo. Tutto troppo perfetto. Tutto troppo puntuale. Tutto troppo lineare. Niente lasciato al caso. Come se avesse colpito un cecchino. Questa mattina in caserma dei carabinieri è tornato Sergio Ruocco, il fidanzato della vittima. Non solo. In questi minuti, Sergio sarebbe a casa sua con gli investigatori. Che cosa cercano? Cercano tracce del delitto? Cercano l’arma? Non così inverosimile. L’arma utilizzata per compiere l’omicidio, da quel che è emerso, è un’arma comune. Verosimilmente un coltello da cucina. Forse lo scopriremo nelle prossime ore. Quel che è certo, come ho affermato sin dall’inizio, è che la risposta sulla morte della 37enne è nelle sue relazioni più vicine. Lì va ricercata. Sharon non aveva ombre. Era la ragazza della porta accanto. Nessun vizio, nessuna vita allo sbaraglio. Nessun eccesso. Niente che potesse far presagire percorsi o relazioni sbagliate. Una giovane donna che avrebbe voluto coronare il sogno d’amore con il fidanzato di una vita. Un lavoro ordinario. Una vittima a basso rischio vittimologico sia dal punto di vista personale che da quello professionale.
Proprio per queste motivazioni, e a maggior ragione per queste, l’assassino è insito nei meandri della sua genuina esistenza. Il principio cardine che orienta le indagini, o che dovrebbe orientarle, è il “Rasoio di Occam”. A parità di fattori la soluzione più semplice è quella da preferire perché verosimilmente la più corretta. Quale è la soluzione più semplice in questo caso? La scena del crimine è la prima forma di comunicazione tra l’assassino e chi indaga. Sharon è uscita da sola. Non era un’abitudine come riferito qualche giorno fa proprio ai carabinieri dai genitori della Verzeni. Addirittura, per tre sere consecutive non lo aveva fatto. Se dal suo telefono è emerso che non aveva appuntamento con qualcuno, come sembra, solo la cerchia a lei più intima poteva sapere che avrebbe rotto lo schema degli ultimi giorni e sarebbe andata a fare una passeggiata. Sergio ha l’alibi di ferro. O almeno così è apparso fino ad oggi. A questo punto le cose sono due. O le telecamere ancora devono dare risposte. Oppure abbiamo a che fare con un sicario. Mandato da chi? Da chi conosceva i suoi spostamenti di quella sera. O la rottura della routine se preferite. Ammesso che sia veramente uscita per andare a camminare. Ricordate cosa ho scritto all’inizio? Tutto troppo perfetto. Come se dietro ci fosse la mano di un professionista che ha architettato il piano omicidiario in ogni suo dettaglio.