Sergio Resinovich si è trovato ancora una volta davanti a un pugno allo stomaco. “È inaccettabile. Sono sgomento”, dice. La notizia, letta su Il Piccolo, lo ha lasciato senza fiato: il preparatore anatomico presente alla prima autopsia sul corpo della sorella Liliana nel gennaio 2022 ha confessato che quella frattura sulla vertebra toracica T4 potrebbe averla provocata lui, per errore, durante l’esame. Un’autodichiarazione tardiva, arrivata solo ora, a tre anni dai fatti, e che rischia di rimettere tutto in discussione. Un colpo di scena che mina una delle prove su cui si basava la superperizia firmata da Cristina Cattaneo a gennaio 2024. Quella perizia, chiesta dalla Procura di Trieste dopo l’insistenza della famiglia, aveva ribaltato la narrazione iniziale del suicidio. Secondo la Cattaneo, Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata morta 22 giorni dopo in un boschetto vicino a casa, sarebbe stata uccisa proprio quel giorno. Asfissia. Probabilmente strangolamento a mani nude, da dietro. La frattura alla vertebra toracica sembrava confermare la tesi.


Ma ora quel dettaglio rischia di sbriciolarsi. “La frattura potrebbe essere avvenuta durante la preparazione del cadavere”, ammette il tecnico. Una possibilità non remota secondo Rossana Bussani, che dirige la Diagnostica autoptica all’ospedale di Cattinara: “Succede più spesso di quanto si pensi, soprattutto se il corpo è fragile”. Prima, però, nessuno aveva parlato. Nemmeno quando, dopo una prima consulenza che parlava di suicidio, i pm chiesero l’archiviazione del caso. A febbraio 2024, la battaglia del fratello Sergio ha portato alla riesumazione del corpo. Ora, con Sebastiano Visintin, marito di Liliana, indagato per omicidio, quel "forse è colpa mia" del tecnico rischia di diventare una bomba: se la frattura non fosse perimortale ma post-mortem, l’ipotesi di strangolamento vacilla. Sergio è furioso. “Vergognoso”. Perché ora? Perché dopo tutto questo tempo? Perché rimettere in dubbio una verità appena conquistata?

