A Trieste si torna a scavare nel buio. Sul corpo, sulle ipotesi, sugli errori e su quello che, forse, non è mai stato detto davvero. La Procura — che ha riaperto l'inchiesta dopo mesi di stop e verità a metà — sta per affidare nuovi accertamenti tecnici irripetibili a cinque super esperti. Martedì 20 maggio, il sostituto procuratore Ilaria Iozzi formalizzerà gli incarichi. Tra i nomi, spicca quello di Cristina Cattaneo, la forense che in Italia è sinonimo di “autopsia che conta”, affiancata da un team di peso: Stefano Tambuzzi, Elena Pilli, Rosario Casamassima e Oscar Ghizzoni. È un supplemento d’indagine, come lo chiama la Procura, che dovrebbe chiarire una volta per tutte cosa è successo davvero a Liliana, la 63enne scomparsa a dicembre 2021 e ritrovata morta, avvolta in sacchi di plastica, nel gennaio successivo. Un caso ancora appeso tra l’ipotesi di suicidio e l’ombra dell’omicidio. E con il marito, Sebastiano Visintin, ufficialmente indagato.

Non si sa ancora cosa esattamente dovranno accertare i consulenti: la Procura mantiene il riserbo, anche se la scelta dei profili lascia intendere l’attenzione su genetica, merceologia e medicina legale. Elena Pilli — biologa e docente a Firenze — ha già lavorato su alcuni dei cold case più oscuri d’Italia: da Yara Gambirasio a Serena Mollicone, fino a Melania Rea ed Elisa Claps. Con lei anche Oscar Ghizzoni, ex ufficiale del RIS, chimico e specialista di tracce e materiali. Un dettaglio non sfugge: tra i nuovi esperti non compare un radiologo forense. E questo potrebbe voler dire che, per ora, la Procura non intende approfondire quella frattura alla vertebra toracica, scoperta nel secondo esame autoptico e finita al centro di un acceso confronto tra i consulenti di parte. Per i dettagli bisogna aspettare martedì. Ma intanto, il caso Resinovich si rimette in moto. Con più domande che risposte.

