Il caso di Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021 a Trieste e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022, continua a sollevare interrogativi. Recentemente, Gabriella Micheli, vicina di casa e amica della vittima, ha parlato nell'ultima puntata del programma Quarto Grado, offrendo il suo punto di vista sulla vicenda. Micheli ha descritto Liliana come una donna serena. “Lily aveva una vita routinaria, una persona che fa la sua vita tranquillamente”. Ha poi aggiunto in un secondo intervento: “Credo che la Procura, logicamente gli inquirenti, quando indagano delle persone devono avere dei dati specifici, poi sicuramente ritengo che tutte le persone debbano essere sentite e risentite. E soprattutto tantissime persone che erano attorno a Liliana devono essere sentite anche per la prima volta perché non sono mai state nominate neanche nel fascicolo. Vedi i familiari di Sebastiano, non sono mai stati chiamati”. “Qualcuno ha aiutato l’assassino?”, chiede il conduttore alla donna. Micheli: “Ho sempre pensato e detto che ci deve essere una specie di manovalanza che ha portato e occultato il cadavere”.

Intanto sul caso continuano le ricerche. “Sulla morte di Liliana Resinovich nella relazione Cattaneo c’è qualcosa che tutti dimenticano di dire: la perizia, accanto all’ipotesi della manovra chokehold – la compressione del collo con l’avambraccio - lascia anche aperta la possibilità della morte da sacchetto. L’elemento certo è l’asfissia”. Il medico legale Raffaele Barisani, consulente di Visintin, marito di Liliana, come riporta il Quotidiano Nazionale, per primo ha messo per iscritto l’ipotesi di “lesioni inferte da terzi”. “Ho fatto il mio dovere di medico. Ma non ho mai pensato che quell’elemento potesse diventare un’accusa verso il marito. Anzi. Nessuno sa come sono andate davvero le cose”. Secondo Barisani sarebbe ancora realistica l’idea che la donna possa aver avuto un malore dopo una lite “per un problema cardiaco ma anche una perdita di sensi dovuta allo stress. E chi era lì ha confezionato questo pacchetto”. Nell'articolo del Quotidiano, l'esperto ha inoltre dubitato della teoria della “manovra alle spalle” per l'assenza di segni tipici sul corpo, inoltre sarebbe poco credibile che il cadavere della donna sia rimasto per settimane nel boschetto senza subire alterazioni, considerando la temperatura e la presenza di animali. Anche il naturalista Nicola Bressi, consulente per il fratello della vittima, aveva condiviso questa perplessità: “Sì, lo dicono un po' tutti, nessuno è convinto che il corpo sia sempre rimasto nel parco”. Sugli attacchi al primo medico legale? Barisani ha risposto così: “Questo mi pare vergognoso. Il collega sulla causa di morte ha parlato di soffocamento, che è anche tra le ipotesi di Cattaneo. Sulla data, si è basato sulla Tac di un altro specialista. Ha concluso che doveva essersi verificata poco prima del ritrovamento, perché non c’erano segni putrefattivi. All’epoca è stato escluso il congelamento perché non c’erano segni clinici. Queste conclusioni non erano inventate ma basate sulla letteratura internazionale. Si può essere di idee diverse, ma non si può parlare di colpa o di errore come invece si sta facendo oggi. E continuo a pensare che anche l’ipotesi del suicidio resti in campo”.

