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Omicidio Liliana Resinovich, SEPOLTA IN UNA BARA DI CARTONE, l’accusa della cugina Silvia Radin: “Doveva esserci lo zinco. Troppe incongruenze, troppe cose fatte male”. Chi ha dato il consenso a una sepoltura che non rispetta quanto disposto dalla Procura?

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

15 maggio 2025

Omicidio Liliana Resinovich, SEPOLTA IN UNA BARA DI CARTONE, l’accusa della cugina Silvia Radin: “Doveva esserci lo zinco. Troppe incongruenze, troppe cose fatte male”. Chi ha dato il consenso a una sepoltura che non rispetta quanto disposto dalla Procura?
Liliana Resinovich è stata sepolta in una bara non conforme alle disposizioni della Procura, senza zinco e, secondo la cugina Silvia Radin, “dentro una scatola di cartone”. Il fratello Sergio parla, forse, di una scelta inconsapevole. Ma il sospetto, ancora una volta, è che qualcosa non torni. E l’inquietudine cresce…

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

C’è qualcosa di stonato, l’ennesima nota stridula nella vicenda già assurda della morte di Liliana Resinovich. A più di due anni dal ritrovamento del suo corpo nel parchetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste, spunta un dettaglio che non è un dettaglio: la bara. “Bisognava che ci fosse la cassa di zinco. Noi non abbiamo scelto quella bara, perché è grezza. Noi avevamo scelto una bara chiara, lucida”, racconta Silvia Radin, la cugina di Liliana. Ma Liliana non è stata sepolta in quella bara. È finita in una cassa non zincata, contro ogni indicazione. Lo dice nero su bianco anche il documento della Procura di Trieste: niente cremazione, utilizzo per studi scientifici, corpo da conservare a disposizione della giustizia. E per conservarlo serviva la zincatura. Invece, non è stato così.

Liliana Resinovich
Liliana Resinovich

“Lei non aveva niente, dentro un sacco, messa dentro una scatola di cartone”, denuncia Silvia. “Non solo è stata trattata male quando è stata trovata, quando hanno fatto l'autopsia, ma anche quando l'hanno sepolta. Ma cosa c'è dietro a questo punto? Troppe incongruenze, troppe cose fatte male”. A decidere sulla bara è stato Sergio Resinovich, il fratello. Ma anche lui oggi sembra non sapere tutto: “Ho scelto una bara chiara, ma non sapevo come doveva essere fatta dentro”. Chi doveva vigilare su questa parte? Chi ha firmato il via libera a una sepoltura che non rispetta quanto disposto dalla Procura? E perché, in un caso tanto delicato, si sbaglia pure sulla bara? A ogni passo, il caso Resinovich si incarta su se stesso. A ogni svolta, salta fuori qualcosa che non torna. Una sequenza di errori, sviste o altro, che ora fanno vacillare anche l’ultima certezza: quella di un corpo finalmente in pace.

Sebastiano Visintin e  Liliana Resinovich
Sebastiano Visintin e Liliana Resinovich
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