Nel groviglio sempre più oscuro e inquietante dell’omicidio di Pierina Paganelli, spunta un dettaglio che, a osservarlo con la dovuta ferocia analitica, suona meno come una coincidenza e più come il possibile preludio fallito di una doppia eliminazione. Cinque mesi prima che la donna venisse uccisa, il figlio Giuliano Saponi veniva ridotto in fin di vita da un incidente stradale dai contorni più ambigui che fortuiti. Si risvegliò dal coma, ma non dal sospetto: e se quello non fosse stato un semplice “incidente”?
A inchiodare questa possibilità alla soglia della plausibilità è oggi una voce interna alla famiglia, che spezza il silenzio con l’eco precisa di una memoria scomoda. Si tratta di Loris Bianchi, cognato di Giuliano e fratello di Manuela. Nei giorni scorsi è stato risentito dalla polizia stradale, e il suo racconto ha la solidità inquieta di un fatto rimasto a lungo sepolto. «Sì, ho sempre pensato a una correlazione fra l’incidente di Giuliano e la morte di Pierina», ha ammesso agli inquirenti (fonte: Giallo). Una frase che pesa come un macigno su un'indagine che, nella sua apparente staticità, sembra celare ben più di quanto mostri.
Il 7 maggio 2023, alle 5:30 del mattino, Giuliano Saponi viene investito mentre percorre una strada deserta in sella alla sua bici elettrica. L’urto, secondo i rilievi, avviene con uno specchietto laterale sinistro. Il veicolo – si suppone un furgone – avrebbe invaso parzialmente la corsia del ciclista. Nessun segno di frenata sull’asfalto. Nessuna telecamera utile a identificare il mezzo. Nessun ricordo da parte della vittima, che, priva del casco, batte la testa e finisce in coma. Negli atti si legge che «Saponi non ha alcun ricordo dell’infortunio e, nonostante il prolungato impegno investigativo, non è stato possibile individuare il veicolo che lo ha investito» (Giallo). L’indagine, avvolta da nebbie e omissioni, si chiude con la richiesta di archiviazione. Ma ora, tutto potrebbe cambiare.

Perché in quell’alba confusa, Loris Bianchi racconta di aver visto qualcosa – o meglio, qualcuno – che potrebbe scardinare le versioni ufficiali e gli alibi. «Quella mattina vidi Louis», ha dichiarato agli inquirenti, indicando con nome e cognome Louis Dassilva, vicino di casa dei Paganelli-Saponi e indagato per l’assassinio di Pierina. Un nome che torna, e che non smette di tornare, nel dedalo di relazioni e tensioni che circondano l'omicidio di Pierina. Secondo quanto affermato dalla moglie di Dassilva, Valeria Bartolucci, quel 7 maggio lei e il marito si trovavano fuori città, impegnati in un funerale. Ma la testimonianza di Loris frantuma questa narrazione: «Vidi Louis tra le 8 e le 8.30 del mattino, mentre andava a correre» (Giallo).
Per qualcuno l’investimento di Giuliano, all’alba di un giorno qualunque, senza frenata, senza testimoni, senza volto, senza giustizia, non sembra più un episodio isolato. Ma una prova generale.
L’ipotesi che la stessa mano – o lo stesso disegno – sia dietro entrambi gli episodi si fa ora sempre più concreta, tanto che la Procura potrebbe decidere di riaprire il fascicolo sull’incidente e affiancarlo a quello, ben più corposo e mediatico, dell’omicidio Paganelli.
Una doppia eliminazione: prima il figlio, poi la madre? Per vendetta? Per odio? Per dominio? Qualunque sia il movente, in tal caso si profilerebbe uno scenario in cui il male non ha agito d’impulso, ma per tappe, come in un dramma antico che avanza per eclissi e silenzi.
