Via del Ciclamino, Rimini. Una strada qualunque in un quartiere residenziale, diventata — per usare le parole di Gianluigi Nuzzi su Specchio — “una processione di gente mai vista prima: gente normale, curiosi e perdigiorno, persino personaggi famosi”. Un pellegrinaggio silenzioso attorno a un edificio dove si è consumato un delitto brutale, ma soprattutto, come nota lo stesso Nuzzi, “una storia che lascia basiti per due motivi: l’assenza di logicità e movente, e la particolarità che tutto si svolge su un pianerottolo”.
È lì che vivevano la vittima, Pierina Paganelli, 78 anni, uccisa con ventinove coltellate nel garage, e i protagonisti della tragedia: Louis Dassilva, oggi indagato, sua moglie Valeria, il figlio di Pierina, Giuliano, e sua moglie Manuela Bianchi, amante di Louis. “Un intreccio di relazioni palesi e nascoste”, scrive Nuzzi, che ha nel pianerottolo “il custode di tutto”.
Un luogo domestico che diventa centrale non solo nella cronaca, ma anche nella psicologia del delitto. Secondo Nuzzi, proprio lì “Manuela e Louis – negli androni e sulle scale – coltivavano la loro intensa relazione clandestina, fatta di rapporti ovunque capitasse, esponendosi al rischio di essere scoperti”. E proprio lì Pierina, che “apprese per telefono i primi sospetti sulla nuora”, diventa elemento disturbante, minaccia vivente di una verità che rischiava di emergere.
Il racconto di Nuzzi, basato su atti investigativi e intercettazioni, restituisce la fotografia di un microcosmo chiuso, imploso su sé stesso. Le pareti sottili, la prossimità forzata, i sussurri e le confidenze, diventano detonatori. “In quel pianerottolo l’odio era ben celato e forse proprio per questo alimentava l’istinto omicida”, scrive l’autore. Non un impeto improvviso, ma “una miscela esplosiva passata di mano in mano”, un veleno relazionale incubato da anni.
È su questo che Nuzzi invita a riflettere, avanzando un interrogativo cruciale: “Qualcuno ha aiutato l’assassino a mascariare la scena del crimine, fingendo in modo rozzo un tentato abuso sessuale ai danni di Pierina per allontanare le indagini da quel pianerottolo?”. Una possibilità da non escludere, sottolinea l’autore, in un contesto dove “manipolazioni, tentativi di condizionamento reciproco e giochi psicologici” sono all’ordine del giorno.

Anche Valeria, moglie del presunto assassino, è finita sotto inchiesta dopo la denuncia di Manuela per stalking. Un’inversione paradossale dei ruoli: la moglie abbandonata che diventa carnefice, l’amante che si fa vittima. Ma è proprio questa ambiguità che, per Nuzzi, disegna il contesto torbido e stratificato di un delitto che pare più passionale che razionale, più viscerale che strategico.
L’intercettazione tra Manuela e suo fratello Loris è una delle chiavi di lettura più inquietanti, riportata integralmente da Nuzzi.
Loris: “Mi viene da ridere. Mi viene da dire ‘giustizia è stata fatta’”.
Manuela: “No, no! Loris, ti prego. Ti prego, Loris”.
E poi ancora Loris, gelido: “Io posso dire che Pierina, come persona, se lo meritava”.
Frasi che, pur non costituendo prova, delineano un clima, una cultura familiare, un sentimento condiviso. “Il dramma più cieco, buio, imprevedibile”, lo definisce Nuzzi. “Odi et amo: l’odio intenso ha armato la mano dell’assassino per un desiderio di pareggiare i conti pregressi”.
Ma c’è di più. Una frase di Manuela, intercettata poco dopo il delitto, sembra toccare il cuore della questione: “Sembrava così buono da non far male a una mosca… se io penso… cioè, che è stata colpa mia… io non vivrò più”. È colpa? È manipolazione? È consapevolezza? È, secondo Nuzzi, la traccia di “troppi silenzi che costano oggi a Manuela un’ipotesi di favoreggiamento”.
Anche i dettagli più apparentemente marginali si caricano di senso. Come il codice del cellulare di Manuela: 0402, il giorno del primo bacio con Louis. “Non un’avventura – scrive Nuzzi – ma una storia d’amore che riempie il cuore di entrambi”. Un amore clandestino, pericoloso, viscerale. Un amore che forse è stato motore e miccia, sentimento e giustificazione, tragedia e delitto.
Secondo l’autore, gli inquirenti già conoscevano da settimane il legame tra Louis e Manuela, grazie a un incidente stradale sospetto che aveva coinvolto Giuliano, figlio della vittima. Anche lì si indaga per tentato omicidio. Era già tutto cominciato prima del delitto? C’era già un piano?
Ora, scrive Nuzzi, “il patto di silenzio tra chi sa è saltato”. Tutti, nel palazzo, sembrano iniziare a parlare. Ma ognuno – ed è questo il sospetto più inquietante – per sé, per salvarsi, per prendere posizione in una partita senza più regole, dove “quel muro dell’omertà che proteggeva il pianerottolo con storie e segreti” si è dissolto.
Pierina, la donna che “non faceva male a una mosca”, è morta dissanguata in un garage. Ma a ucciderla, secondo Nuzzi, potrebbe non essere stato solo un coltello. Potrebbe essere stato un intero ecosistema: “l’odio domestico, le manipolazioni sottili, l’incapacità di gestire le parti peggiori di sé”.
Ecco allora la vera scena del crimine: non solo il corpo, il sangue, le coltellate. Ma le pareti sottili, le scale, gli sguardi, le omissioni, i sussurri dietro le porte chiuse. Quella scena che forse, secondo Nuzzi, qualcuno ha cercato di riscrivere, sporcare, mascariare, per depistare, per difendersi, per sopravvivere.
