Due versioni. Uno specchio che si incrina. E un delitto che, a quasi diciott’anni di distanza, continua a non far dormire sonni tranquilli. Il 13 agosto 2007 Chiara Poggi viene uccisa a Garlasco. Per la giustizia, il colpevole è il fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione. Eppure la Procura di Pavia ha da poco riaperto un fascicolo su Andrea Sempio, vecchio amico del fratello della vittima, già sfiorato dalle indagini anni fa. Al centro di tutto: un alibi che non regge più. Daniela Ferrari, madre di Andrea, lo aveva detto chiaro: “Ero a Gambolò a fare la spesa”. Ma l’ex vigile del fuoco, amico intimo della donna, ha raccontato tutta un’altra storia. Secondo lui, quella mattina Daniela non era affatto a Gambolò. Era a Vigevano. Con lui. A inchiodare i due ci sono i messaggi tra la sera del 12 agosto e il mattino del 13. Due in particolare: uno alle 8:47, l’altro alle 9:09. Proprio nell’orario in cui Chiara brutalmente uccisa. La Ferrari nel 2017 racconta: “Mi sono svegliata verso le 7.30. Mio marito e mio figlio erano già alzati. Alle 8.15 sono uscita per delle commissioni, poi spesa a Gambolò, sono tornata verso le dieci”. Ma il pompiere, convocato due volte, dice l’opposto. Gli inquirenti lo ascoltano e iniziano a dubitare: forse la madre di Andrea stava mentendo per coprire il figlio. È andata così?


Il dettaglio che fa tremare tutto? Un biglietto del parcheggio di Vigevano. Daniela lo avrebbe preso proprio mentre sosteneva di essere altrove. Ma i magistrati non riescono a contestarle formalmente l’incongruenza. Quando la convocano, il 28 aprile, lei si avvale della facoltà di non rispondere. E quando le chiedono del pompiere, crolla: “Cosa c’entra?”, balbetta, poi esce in lacrime. Nel 2008, lo scontrino del parcheggio di Andrea Sempio sembrava averlo salvato sia dalla gogna mediatica che giudiziaria, ma con le nuove indagini quel biglietto non basta più. Il 10 febbraio 2017, Andrea è in auto col padre. Parlando del colloquio con i pm, Giuseppe Sempio rivela: “A me hanno chiesto: come mai non è venuto in mente a lei o a suo figlio di dire che Andrea era a casa? Ho risposto: è la prima volta che mi interrogano. So che era a casa con me, mi sono svegliato, ho preso il caffè, poi si è svegliato lui”. Lo stesso giorno Andrea, davanti al pm, è molto meno sicuro: “Credo ci fosse a casa mio padre, ma non riesco a ricordare oggi se ci fosse effettivamente”. Il 17 giugno partiranno le nuove analisi sulle tracce di Dna e impronte trovate sulla scena del crimine. Il legale dei Poggi, Gian Luigi Tizzoni, lo ha detto senza mezzi termini: “Su Stasi c’è uno stragiudicato, formatosi con otto anni di processi e sette tentativi finora andati a vuoto”. Ma Chiara ha diritto che si arrivi alla verità su quanto le è accaduto. Perché chi ha ucciso Chiara, se non Stasi, non può ancora dormire tranquillo. Nessuno dovrebbe.

