Due vasetti vuoti di Fruttolo, infilati uno dentro l’altro. Plastica rosa, dimenticata per tanto tempo, come se potesse restare invisibile per sempre. E invece no. Ora sono diventati la chiave, o almeno una delle tante, nella nuova inchiesta sul delitto di Chiara Poggi. Se su uno di quei vasetti ci fosse il Dna di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, la narrazione che ha retto fino a oggi rischierebbe di sbriciolarsi. È il dubbio che scuote la Procura di Pavia e il legale dello stesso Sempio, coinvolto nella nuova fase dell’indagine. E a scioglierlo, forse, sarà l’incidente probatorio. Perché tutto ricomincia da dove era finito: via Pascoli, Garlasco. Non più il 13 agosto 2007, ma il 16 aprile 2008, otto mesi dopo. Alle 9:55 del mattino, la casa della famiglia Poggi viene finalmente restituita ai genitori di Chiara. Ma prima c’è da fare pulizia, almeno investigativa. Su richiesta del legale della famiglia, Gian Luigi Tizzoni, la pm Rosa Muscio ordina il prelievo dei rifiuti rimasti inspiegabilmente intatti sotto il lavello della cucina. Nessuno, fino ad allora, li aveva toccati. I carabinieri, in tuta bianca e calzari, aprono il mobile e tirano fuori un piccolo sacchetto celeste, quasi vuoto. Dentro: un piattino di plastica, una confezione di Estathé, briciole di biscotti, la plastica del Fruttolo e due vaschette vuote della stessa merenda. Infilate una dentro l’altra. E qui viene il punto: se quei vasetti fossero stati buttati insieme, da una sola mano, allora qualcuno deve aver mangiato il Fruttolo con Chiara. Ma chi?


La Procura vuole capire: quei resti sono la colazione di una sola persona, magari Chiara, oppure no? Perché secondo le cugine la ragazza era allergica al lattosio, ma la madre nega. E allora? Davvero avrebbe mangiato due creme alla frutta da 80 grammi, più tè freddo, banana e biscotti, tutto da sola? Oppure era con qualcuno? Lo scenario si fa più opaco se si considera che a Garlasco, all’epoca, i rifiuti non si accumulavano in casa. Niente raccolta porta a porta: appena pieno, il sacchetto si portava al cassonetto. L’idea che quella colazione risalga a molti giorni prima è debole. La scena, quindi, sembra quella di un pasto condiviso. E quei due Fruttolo, buttati insieme, potrebbero contenere non solo zuccheri e conservanti, ma anche tracce di un ospite. Di Andrea Sempio, magari? Per questo i reperti sono stati rispolverati. Insieme alla bicicletta bianca di Chiara, al notes dimenticato e ai cereali lasciati accanto alla tv, ora anche i vasetti rosa sono oggetto di nuove analisi. Per anni sono rimasti chiusi negli archivi della Medicina legale dell’Università di Pavia, come se non contassero. Ma adesso potrebbero raccontare un’altra storia. Nel frattempo, c’è un dettaglio che fa male: quando il 16 aprile 2008 Rita e Giuseppe Poggi entrano nella casa per la prima volta dopo l’omicidio, trovano ancora tutto lì. Il sangue secco sul pavimento, le macchie sul divano, il telefono sporco, le scale segnate dalle gocce. Come se il tempo si fosse fermato. O come se qualcuno volesse che restasse tutto così, immobile, per non vedere quello che c’era davvero.

