Durante l’aggressione avrebbe afferrato il telefono fisso, come dimostra una traccia di sangue nel vano della cornetta. Ma l’apparecchio, secondo gli inquirenti, è stato rimesso a posto dall’assassino. Tre sedie attorno al tavolo della cucina fanno pensare a due persone presenti oltre a Chiara.
E la scena del crimine, dopo 18 anni, cambia di nuovo volto…
Chiara forse ci ha provato. Avrebbe cercato di salvarsi, di chiedere aiuto, afferrando il telefono fisso mentre l’assassino la colpiva. Lo racconta il sangue, come sempre. Lo dice una proiezione ematica individuata nel vano della cornetta nell’abitazione di via Pascoli, a Garlasco. Una nuova ricostruzione, contenuta nella relazione dei Ris, cambia, ancora una volta, la narrazione di uno dei cold case più mediatici degli ultimi vent’anni. Il punto è tutto lì, a pagina 62: «N. 1 telefono variamente investito da tracce ematiche da proiezione (…). Si rileva una traccia da proiezione nel vano di alloggiamento della cornetta. Nessun prelievo effettuato». Tradotto: il sangue di Chiara è finito anche dentro il supporto del telefono. La ragazza avrebbe provato ad afferrare la cornetta nel pieno dell’aggressione. Non ci è riuscita. O forse sì, ma non abbastanza in fretta. Secondo gli inquirenti, però, l’apparecchio sarebbe stato rimesso a posto da qualcun altro, da chi l’ha uccisa. La scena del crimine viene rivalutata a diciott’anni dal delitto, e questa volta si punta dritti alla cucina. Uno degli ambienti “più abbandonati dalle indagini scientifiche”, scrivono i carabinieri. Eppure centrale, forse decisivo. Non solo per ricostruire la dinamica dell’omicidio, ma per rispondere alla domanda che ancora fa tremare Garlasco: Chiara era davvero sola con il suo assassino?


Secondo la Cassazione, l’omicidio è avvenuto tra le 9.12 e le 9.36 del 13 agosto 2007. Il corpo è stato trovato ai piedi della scala, ma i dettagli lo confermano: «Le piante dei piedi del cadavere esibiscono tracce ematiche che lasciano ipotizzare l’esistenza di una qualche fase dell’azione delittuosa, in cui la vittima ha calpestato il sangue». Chiara, in sostanza, ha camminato in mezzo al proprio sangue prima di essere uccisa. E non è tutto. Accanto al telefono, “vicino alla base dello stipite della porta”, sono state individuate tre macchie di sangue. Potrebbero appartenere a un piede insanguinato, forse proprio quello di Chiara, che in un estremo tentativo cercava la salvezza, inciampando nell’orrore. Ma il punto più discusso è un altro. Quello delle tre sedie attorno al tavolo della cucina. “Forse due persone oltre a Chiara”, si legge nella documentazione investigativa. Due presenze che, a giudicare dalle sedute, avrebbero trascorso del tempo lì, con lei, prima dell’aggressione. Una tesi che riaccende dubbi, speculazioni e vecchie domande: Chi era davvero nel villino quel giorno? E perché non si è mai indagato fino in fondo sulla cucina?

