Nel giorno in cui parte l’incidente probatorio sul cold case di Garlasco, la procura di Pavia getta sul tavolo la sua carta più scura: l’impronta 97F. Una traccia che dal 2007 era lì, silenziosa, nel corridoio dei reperti. Sul muro a sinistra, lungo le scale che portano alla tavernetta del villino di via Pascoli, dove Chiara Poggi è stata trovata morta. Per i carabinieri è sangue, «acquisita sul muro di sinistra scendendo le scale». Per la procura è di una mano sinistra. E potrebbe essere la stessa che, mentre l’altra lasciava la famigerata impronta palmare 33, affondava nella carne viva del delitto. Il sospettato, oggi, è Andrea Sempio. E se c’è una cosa che fa male come una coltellata è che quella mano sinistra potrebbe essere proprio la sua. Anche se Sempio non è imputato, solo indagato. Intanto però l’accusa – guidata da Fabio Napoleoni – ha aperto il contraddittorio, il momento in cui le parti si sfidano a colpi di Dna e perizie. Un processo nel processo, che finirà il 24 ottobre. Da oggi, 90 giorni per capire se davvero c’erano altre mani, altre presenze, nel villino di Chiara. Cinque i punti sul tavolo degli esperti della giudice Daniela Garlaschelli. Primo: i profili genetici trovati sotto le unghie della vittima. Per il genetista dell’accusa Carlo Previderé, «il Dna sulle unghie di Chiara è sovrapponibile con quello di Sempio». Ma De Stefano, ex consulente, aveva già detto che quel Dna era troppo degradato per parlare. Secondo punto: il Dna da paradesivi e impronte – ma non dalla numero 33, bensì dalla numero 10, mai attribuita. Terzo: nuovi campioni biologici, mai analizzati. Ce n’è per tutti: un frammento del tappetino del bagno, bustine di tè, biscotti, yogurt, cereali.


E poi le comparazioni genetiche. Non solo con Sempio, ma anche con Alberto Stasi (già assolto e poi condannato), con la famiglia Poggi, amici di Sempio come Capra, Freddi, Biasibetti, e pure amici di Stasi, come Marco Panzarasa. Dentro ci finiscono anche i carabinieri che quella scena l’hanno calpestata. Se servirà, verranno convocati per prelievi biologici. E se qualcuno si rifiuta, ci penserà il giudice. Ma torniamo alla 97F. Secondo il Fatto Quotidiano, già nel 2007 fu indicata come «traccia dell’aggressore», perché conteneva sangue di Chiara. All’epoca nessuno riuscì a darle un volto. Ora, però, quella traccia torna. E si parla di Bloodstain pattern analysis. Una scienza fatta di schizzi e geometrie ematiche. Secondo gli esperti, quella strisciata sulla maglietta del pigiama è «compatibile con una mano insanguinata che solleva il corpo e lo getta giù per le scale». La 97F, quella sul muro, «ha forma e posizione compatibili con una mano sinistra che si è strofinata contro il muro, mentre l’aggressore era dietro la vittima». Dietro, ma anche sopra. Perché Chiara è stata trovata a testa in giù, distesa lungo la scala. Ma la 97F è venti centimetri più in alto. Segno che l’ha lasciata chi era in piedi. «È logico-fattuale che l’impronta appartenga all’assassino», scrivono gli esperti. E i carabinieri lo dicono chiaro: «L’aggressore, rivolto verso il basso delle scale, offre il lato sinistro: lo stesso della traccia». Nel frattempo, fuori da quell’aula ovattata, resta la domanda che tutti stanno iniziando a porsi: se Andrea Sempio non è l’assassino, allora chi ha usato la mano sinistra?

