Alla fine, a quanto pare, forse avevano ragione i consulenti della famiglia Poggi. La famigerata impronta palmare numero 33, quella rinvenuta sulla parete delle scale vicino al corpo di Chiara Poggi, non sarebbe di Andrea Sempio. A dirlo non è solo la difesa dell’unico indagato nel nuovo filone d’indagine per il delitto di Garlasco, ma anche Luciano Garofano (ex comandante del Ris) e Luigi Bisogno (ex ispettore superiore della Polizia), consulenti nominati dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia. Secondo i loro accertamenti, la Procura di Pavia avrebbe sbagliato tutto. E pure in modo grossolano. Il clamoroso errore sarebbe dovuto a un «pregiudizio interpretativo»: prima si sarebbe osservata l’impronta nota di Sempio, poi cercate le somiglianze, andando così a caccia di “minuzie che non esistono”. Tradotto: si sarebbero viste corrispondenze dove non ce n’erano. “Le evidenze erroneamente indicate dai consulenti della Procura possono essere da imputare a interferenze murarie”, scrivono gli esperti nella relazione di 60 pagine. Quelli che sembravano rilievi dell’epidermide sarebbero stati in realtà segni del muro. “L’impronta non presenta un numero sufficiente di corrispondenze valide per consentire l’attribuzione certa all’indagato”. I punti caratteristici utili, quelli reali, sarebbero appena cinque. Troppo pochi, dicono i consulenti, per tirare dentro Sempio.


Una bocciatura tecnica, ma anche metodologica. “È interamente mancata la correttezza dei metodi di rilevazione e accertamento scientifico”, scrivono Garofano e Bisogno, che accusano i colleghi della Procura di aver lavorato «in totale disaccordo alle procedure accreditate presso la Comunità scientifica». Il colpo di scena arriva però con l’appoggio della famiglia Poggi, storicamente su un binario opposto rispetto alla difesa. I loro consulenti – affiancati dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna – concordano: l’impronta 33 non può essere attribuita a Sempio. Un fronte inatteso che, almeno su questo dettaglio, unisce tutte le parti. Adesso si entra nel vivo: terzo round dell’incidente probatorio. I consulenti della famiglia Poggi si ritroveranno con quelli della difesa di Alberto Stasi – l’ex fidanzato di Chiara, condannato in via definitiva – per iniziare un nuovo giro di analisi genetiche. Sotto la lente, tre tamponi autoptici (uno dei quali mai esaminato), tre tracce ematiche rimaste mute nel 2007 e tre residui rinvenuti su un frammento del tappetino del bagno, impregnato del sangue di Chiara e della scarpa dell’assassino. Risultati previsti entro la prossima settimana. Ma senza promesse di svolte. Nonostante il colpo di scena sull’impronta, l’enigma di Garlasco resta lì, fermo, come quella scala su cui Chiara ha trovato la morte.
