Segnali non verbali che, letti con metodo, potrebbero dire più di mille interrogatori…
C’è chi guarda le prove, chi analizza le testimonianze, chi ricostruisce la scena del crimine. E poi c’è chi studia i volti e i gesti, anche a distanza di anni, in cerca di qualcosa che era sotto gli occhi di tutti ma che nessuno ha davvero visto. È quello che ha fatto l’ex poliziotto Gianluca Spina, che sulle pagine del settimanale Giallo diretto da Albina Perri, ha firmato un’analisi con base scientifica dei gesti e delle espressioni della famiglia Poggi e di Alberto Stasi durante il funerale di Chiara, la 26enne uccisa nella villetta di Garlasco il 13 agosto 2007. “Un buon investigatore, quando indaga su un omicidio, dovrebbe dare molta importanza ai volti dei convenuti al funerale della vittima”, scrive Spina. Perché è lì, nel momento del distacco definitivo, che le maschere possono cedere. “Si vive un momento di giudizio sia divino (per chi crede), sia da parte delle persone che si hanno intorno, soprattutto per i congiunti della vittima”. E allora, si parte da una foto: quella in cui si vede Marco Poggi, il fratello di Chiara. “Mostra assenza di dolore e bisogno di guardarsi intorno, manifestando uno stato di vigilanza atipico per contesto e momento”, commenta Spina, che ha trascorso una carriera tra indagini e comunicazione non verbale. Il volto è vigile, non abbattuto. Occhi che sembrano più in allerta che in lutto.


In un altro scatto ci sono Marco, Alberto Stasi e la signora Rita Preda. Tutti con le mani giunte davanti ai genitali. Una postura inconsapevole, forse. O forse no. “Ogni gesto è frutto di una scelta, mai casuale. In comunicazione non verbale, questa posizione indica preoccupazione, poiché si tende a proteggere le gonadi, zona delicata che inconsciamente difendiamo”, spiega Spina. È lo stesso principio che ci porta a mettere una mano alla gola quando abbiamo paura o ci sentiamo minacciati. Da cosa dovevano proteggersi, quel giorno, Marco Poggi, Stasi e Rita Preda? Domanda aperta. Come aperta resta l’interpretazione di un altro gesto immortalato durante la cerimonia: la cugina di Chiara, Stefania Cappa, con le mani davanti alla bocca. “Un gesto che può significare conoscenza della verità e necessità di tenere la bocca chiusa”. Certo, si potrebbe parlare di suggestione. Ma Spina ci tiene a sottolineare che “se l’analisi della comunicazione non verbale diventasse in Italia, come negli Stati Uniti, un mezzo di ricerca della verità, sarebbe molto interessante approfondire con gli interessati”. Un modo diverso di cercare risposte, anche a distanza di anni. Perché a volte non serve scavare nei cassetti o negli archivi. Basta guardare bene una fotografia. “Chissà se un giorno ci arriveremo”, chiude Spina. E forse è una domanda più che una speranza.
