A Garlasco è di nuovo agosto, anche se siamo a giugno. Perché ogni volta che si torna a parlare dell’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, si riaccende il falò delle voci, dei sospetti e dei nomi sussurrati — o gridati — con o senza prove. L’ultimo giro di giostra? Una presunta super testimone che tirerebbe in ballo Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara al momento già indagato per concorso in omicidio. La testimone, almeno per ora, non ha un volto né una dichiarazione ufficiale. È un nome che rimbalza, una figura avvolta nel condizionale: “avrebbe qualcosa da dire”, “accuserebbe Sempio”. Eppure basta poco per risvegliare l’ansia del suo legale, l’avvocato Massimo Lovati, che non ha perso tempo nel mettere le mani avanti: “In questi giorni sento parlare di una testimone che accuserebbe Sempio. Ma io non ne so nulla”. Insomma: se c’è, nessuno l’ha ancora vista.


Quel che c’è, invece, sono i risultati — finalmente — delle analisi su alcuni reperti dimenticati nel sacco della spazzatura della famiglia Poggi: un brick di Estathé, due Fruttolo, un piattino di plastica, una buccia di banana. Oggetti che sembravano insignificanti e che invece avevano fatto tremare Lovati, temendo un’impronta, un Dna, una conferma del sospetto. E invece niente. Su quei reperti ci sono solo le impronte di Chiara Poggi e del suo fidanzato di allora, Alberto Stasi, già condannato in via definitiva per l’omicidio. E quindi Sempio? Per ora fuori da tutto. Ma intorno a lui si muove ancora il fumo di un’indagine che non smette di sfornare interrogativi, anche quando le risposte sembrano già scritte.
