Può uscire dal carcere di giorno, non solo per lavorare ma anche per “attività di reinserimento sociale”. Alberto Stasi, il 41enne condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi nel 2007 a Garlasco, ha ottenuto la semilibertà. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Milano, a quasi dieci anni dalla condanna, dopo che lunedì scorso la Procura Generale aveva tentato di fermare tutto: prima chiedendo il rigetto della misura, poi il rinvio della decisione. Il motivo? Quell’intervista a Le Iene andata in onda il 30 marzo, durante un permesso premio. Secondo la PG, Stasi avrebbe parlato senza autorizzazione. Ma i giudici non l’hanno vista così. L’intervista non violava alcuna prescrizione, i toni erano pacati, e – dettaglio non da poco – Stasi non ha mai avuto divieti di dialogo con i media. Per i giudici, la polemica è stata tutta una “strumentalizzazione”. E non solo: gli educatori del carcere di Bollate hanno lodato il comportamento di Stasi, definendolo “responsabile, corretto e coerente con l’accettazione della condanna”. Parole forti, se si pensa che lo stesso Stasi, fin dall’inizio, si è sempre dichiarato innocente.


La decisione segna un passo concreto verso la fine della pena, prevista tra il 2028 e il 2029. L’obiettivo ora è l’affidamento in prova ai servizi sociali: se concesso, niente più carcere. Solo lavori socialmente utili. E mentre lui conquista sempre più libertà, a Garlasco il tempo si è fermato al 13 agosto 2007. A casa Poggi, la notizia è arrivata con il TG regionale. «Tanta amarezza», ha commentato la madre di Chiara, Rita Preda. «Speriamo solo di non incontrarlo mai». Ma il nome di Stasi resta ancora dentro le carte della giustizia. Parallelamente, la Procura di Pavia sta scavando altrove: sotto indagine, per concorso in omicidio, c’è Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Un’ipotesi investigativa che riapre scenari, ma che intanto non cambia nulla: Chiara è morta, e il condannato per quell’omicidio è sempre più libero.

