Marco Poggi, sentito dagli inquirenti, difende l’amico: “È estraneo alla vicenda”.
Ma la verità su quel 13 agosto 2007 è ancora tutta da scrivere…
C’è un’impronta. Sul muro delle scale che portano in taverna, dove Chiara Poggi è stata trovata morta il 13 agosto 2007. Un’impronta compatibile con il palmo della mano di Andrea Sempio, l’amico storico di Marco Poggi, fratello della vittima. È quanto emerge da una nuova consulenza ordinata dalla Procura di Pavia. Un dettaglio minuscolo, eppure enorme, che potrebbe riaprire scenari mai del tutto chiusi. Sempio non è uno qualunque: per anni è stato nella cerchia ristretta della famiglia Poggi, entrava e usciva dalla villetta di via Pascoli come un figlio di casa. Nessuna incrinatura, nessuna frizione. Almeno fino a oggi. Perché quell’impronta, se confermata, non è una prova di colpevolezza, ma certo nemmeno un dettaglio irrilevante. Marco Poggi è stato sentito dagli inquirenti nelle scorse ore, lontano dai giornalisti e dal clamore mediatico.


Secondo quanto riferisce l’avvocato della famiglia, Francesco Compagna, ha risposto con serenità alle domande e ha ribadito ciò che sostiene da sempre: Sempio è innocente. Un’amicizia di lunga data, la fiducia incrollabile. Ma le indagini – quelle vere – non si fanno con le emozioni. Non è la prima volta che il nome di Andrea Sempio torna tra le righe dell’inchiesta. Già nel 2017 il suo DNA era stato comparato con quello ritrovato sotto le unghie di Chiara, ma il caso fu archiviato. Nessun riscontro, nessuna svolta. Adesso però c’è una nuova perizia, una nuova traccia: il palmo di una mano su un muro. Forse dimenticato, forse lasciato nel momento sbagliato. La verità sull’omicidio di Chiara è una miccia che ogni tanto torna ad accendersi, a bruciare. Non è solo giustizia, è anche tempo, dolore, memoria. E ogni volta che riaffiora un dettaglio – un’impronta, una testimonianza, una domanda – ci si ritrova di nuovo lì: a Garlasco, in quella casa silenziosa, davanti a un mistero che non ha mai smesso di far rumore.

