Chiara Poggi è morta da quasi diciotto anni. Uccisa una mattina d’estate nella villetta di famiglia a Garlasco, scaraventata giù dalle scale, massacrata con un oggetto mai trovato. Per questo delitto il fidanzato Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Ma oggi la sua difesa riapre i giochi. E chiede una rilettura completa di tutti i reperti raccolti: impronte, sangue, intonaci, perfino il fantasma dell’arma. “Vorremmo fare una rivisitazione, a livello scientifico, di tutto. Anche delle impronte dei piedi”, ha spiegato Antonio De Rensis, avvocato di Stasi. A partire da quella famosa impronta numero 36/37 trovata nella casa: “Parziale, si ritiene femminile. Ma pensiamo che con le nuove tecnologie si possa arrivare a un esito”. E se femminile potrebbe forse appartenere alle gemelle Cappa, le cugine di Chiara tornate al centro del circo mediatico? La richiesta arriva mentre, in parallelo, la procura di Pavia ha aperto una nuova inchiesta. Un altro nome torna in scena: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, iscritto nel registro degli indagati per concorso in omicidio. Un’ipotesi che si muove su una linea sottile: Chiara non sarebbe stata uccisa da una sola persona, ma da più individui.


Così si fruga negli archivi alla ricerca di un vecchio involucro: quello che conteneva l’intonaco staccato 18 anni fa dal muro delle scale. Legato a quell’altra impronta, la numero 33, attribuita proprio a Sempio. Secondo le prime indiscrezioni, quel reperto potrebbe essere andato distrutto dopo la sentenza definitiva. Ma la difesa di Alberto Stasi non ci sta, e depositerà una consulenza per dimostrare che lì, nel gesso, ci sarebbe ancora materiale biologico. Le indagini intanto avanzano. La gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, ha disposto nuovi accertamenti genetici in incidente probatorio: due i profili maschili da esaminare sotto le unghie di Chiara, uno è proprio di Sempio, e poi l’impronta lasciata sulla porta d’ingresso. Tutto sarà riletto alla luce della Pba, il sistema che analizza la disposizione delle tracce di sangue. Un modo per provare a ricostruire, scena per scena, secondo per secondo, l’aggressione. E soprattutto, per capire con cosa è stata colpita Chiara. Perché l’arma del delitto, dopo quasi vent’anni, ancora non c’è…

