Una traccia palmare sul muro della scala che conduce alla tavernetta dell’abitazione della famiglia Poggi, il luogo in cui, il 13 agosto 2007, fu ritrovato il corpo senza vita di Chiara Poggi. Questa è l’impronta 33 di cui si parla in questi giorni. Grazie a strumenti forensi di ultima generazione, è stato possibile associare la traccia ad Andrea Sempio, attualmente unico soggetto formalmente indagato nella riapertura del caso. Il confronto si basa su una corrispondenza di 15 punti caratteristici, le minuzie, un numero tecnicamente sufficiente per una comparazione affidabile. Questo elemento sarà al centro dell’incidente probatorio fissato per il 17 giugno. Stando a quanto riportato da Il Messaggero, però, l’intonaco su cui era impressa l’impronta sembra non essere più reperibile né presso gli archivi della Procura pavese né in quelli del Ris di Parma. L’ipotesi più plausibile, vista la presenza di una condanna definitiva per Alberto Stasi, è che il frammento sia stato smaltito, in conformità con le prassi che prevedono la distruzione dei reperti una volta conclusi tutti i gradi di giudizio. La mancanza del reperto materiale ostacola qualsiasi possibilità di effettuare analisi biologiche, come l’estrazione del dna, che avrebbero potuto confermare o escludere la presenza di materiale organico sulla superficie. Gli avvocati di Stasi hanno fatto notare che la colorazione irregolare dell’impronta, emersa dopo l’applicazione della ninidrina, potrebbe nascondere la presenza di residui biologici, invisibili proprio a causa del reagente chimico utilizzato per far emergere l’impronta latente.

Nonostante la compatibilità con le impronte di Andrea Sempio, gli atti attualmente disponibili non lo collocano direttamente sulla scena del crimine. Infatti, come spiegano sia i suoi legali sia quelli della famiglia Poggi, la sua impronta palmare all’interno dell’abitazione potrebbe essere coerente con la sua presenza nel 2007, quando era spesso ospite in casa Poggi grazie all’amicizia con Marco, fratello di Chiara. Secondo le testimonianze più recenti, Sempio frequentava abitualmente la tavernetta per giocare con le consolle. Fino a poco tempo fa, la sua presenza era stata riferita solo a due ambienti specifici: la stanza dove si trovava la televisione e la camera di Chiara, in cui era installato il computer collegato a internet. Un passaggio chiave dell’informativa dei carabinieri datata 7 luglio 2020, inviata alla Procura di Pavia, affermava che “è logico-fattuale che l’impronta sulla parete della scala appartenga all’assassino”. Nonostante ciò, l’indagine a carico di Sempio fu archiviata in mancanza di una connessione diretta con il luogo dell’omicidio. Si trattava dunque, come spiegò l’ex procuratore Mario Venditti, di una deduzione investigativa priva di riscontri tangibili. L’avvocato Domenico Aiello, legale di Venditti, precisò infatti che la decisione di archiviare fu presa “considerata la attestata inservibilità e infruttuosità della prova scientifica”.

