“L’assassino è Alberto Stasi. Le nuove ipotesi non reggono”. E le gemelle Cappa? Solo suggestioni mai dimostrate…
Alberto Stasi è colpevole. Lo dice la Cassazione, lo ribadisce la criminologa Roberta Bruzzone, e lo conferma ogni volta che si prova a rimettere in discussione il delitto di Garlasco. “Io francamente non riesco a trovare un'ipotesi alternativa verosimile”, dice lei, che la vicenda la conosce a memoria, sezionata passo dopo passo fin dalla prima inchiesta. "Quello che è emerso su Andrea Sempio non mi convince affatto", affonda. Eppure oggi, 18 anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, si torna a scavare. Nuove indagini, nuovi indagati. E soprattutto un nome: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Ma secondo la Bruzzone, la realtà è ancora quella che ci portiamo dietro dal 2015: “Stasi è l’autore dell’omicidio, la sentenza della Cassazione lo ha consolidato”. Nel mirino della nuova inchiesta ci sarebbe il DNA trovato sotto le unghie di Chiara. Ma quel “materiale subungueale”, spiega la criminologa, “venne già esaminato durante l’appello bis, con tre risultati diversi. Troppo instabili per trarne conclusioni affidabili”. Stesso discorso per la cosiddetta “impronta 33”, attribuita a Sempio. “Anche fosse sua – ammette – non vuol dire nulla: quella casa la frequentava. E con la ninidrina vengono fuori anche impronte vecchie di anni”. C’è di più: l’impronta si trova su una parete della tavernetta, nel punto dove il corpo di Chiara è scivolato dal quarto gradino. “Ma non c’è alcun motivo per cui l’assassino sarebbe dovuto scendere in cantina. Il cadavere si è mosso da solo. E quell’impronta, testata per la presenza di sangue, risultò negativa”.


E allora perché riaprire tutto? “Francamente è sorprendente”, dice la Bruzzone. “Dopo 5 anni di indagini alternative, mi aspetterei prove schiaccianti. Invece, solo suggestioni. Dalle piste sataniche ai suicidi collegati, è fanta-investigazione”. E in quel calderone mediatico sono state tirate in ballo anche loro, le gemelle Cappa. Mai indagate, ma sempre nominate. Colpa di un fotomontaggio, di coincidenze, e forse anche della voglia di un colpo di scena. Ma la realtà è un’altra. “Le orme insanguinate trovate in casa sono numero 42: esattamente il numero di scarpe di Stasi. Le Cappa non c’entrano nulla”. Neanche la tesi di De Rensis, uno degli avvocati di Stasi, che parla di impronte femminili convince. “Quella mattina entrarono molte persone, anche la PM senza calzari. Ma il vero problema di Stasi è l’assenza delle sue orme, quando invece dice di aver trovato il corpo camminando nel sangue. Nessuna traccia del suo passaggio. Ecco cosa lo inchioda”. Sempio, se mai fosse stato innamorato di Chiara, non fece nemmeno una telefonata la mattina del 13 agosto 2007. “E da lì a ipotizzare che l’abbia uccisa perché respinto? Non ha senso. Mi aspetterei da un assassino un’esplosione di violenza nel tempo. Invece, niente”. Stasi, invece, doveva essere lì. A Garlasco. Con Chiara. “Lei era rimasta per lui. E proprio quel giorno, lui non c’era. Perché?”

