«Quel giorno eravamo in montagna con dei nostri amici», dice la madre di Chiara rispondendo alla giornalista che le chiede chi le abbia dato la notizia della scomparsa della figlia. Mentre pronuncia la frase, si porta la mano sinistra al viso, si tocca il naso e abbassa lo sguardo (foto). Per Gianluca Spina, ex funzionario della Polizia di Stato e oggi esperto di comunicazione non verbale, quei tre gesti non sono casuali: potrebbero essere il segnale che qualcosa, in quella dichiarazione, non torna. Secondo Spina, come racconta sul settimanale Giallo diretto da Albina Perri, la schiarita di voce che precede la risposta potrebbe indicare paura. È una reazione automatica: quando si è in difficoltà nel dire qualcosa – perché imbarazzati o sotto pressione – si tende inconsciamente a “liberare” la voce. Il gesto di toccarsi il naso, invece, potrebbe essere una reazione fisiologica allo stress, una conseguenza dell’aumento della pressione sanguigna tipica di chi prova paura. Ma paura di cosa? Se davvero ci fosse qualcosa di scorretto nell’affermazione relativa alla presunta gita in montagna, la paura potrebbe derivare dal timore di essere scoperti in un potenziale stato di menzogna. E lo sguardo rivolto verso il basso – da sempre associato a imbarazzo o senso di colpa – sembrerebbe confermare questa ipotesi.


«Per un investigatore vecchio stile come me», commenta Spina, «il linguaggio del corpo è una traccia, mai una prova, ma può aprire piste importanti». Nel caso specifico, l’unica persona a confermare la gita in montagna è la stessa Rita Preda, madre della ragazza. Nessun familiare, nessun amico, né albergatori o soccorritori ha mai confermato la presenza della famiglia in quei luoghi. Nemmeno i carabinieri. «Eppure – sottolinea Spina – sarebbe stato fondamentale acquisire altre testimonianze. Perché in casi del genere non si può tralasciare nulla». A complicare il quadro, c’è un altro dettaglio: la sera del 12 agosto, nella casa della madre di Rita Preda a Gropello Cairoli, viene segnalata la presenza di una persona mai identificata. Quella stessa notte, attorno alle 2 l’auto di Rita Preda viene localizzata in movimento, nonostante si trovasse a chilometri da lì. «Forse, se avessimo ascoltato meglio anche i silenzi, i gesti, i pruriti e gli sguardi – conclude Spina – alcuni indizi sarebbero emersi prima. La comunicazione non verbale, in certe indagini, può fare la differenza. Almeno come punto di partenza».
