A pochi mesi dal delitto di Chiara Poggi, una ragazza bionda fa il suo ingresso accanto ad Alberto Stasi. Non è un’apparizione qualunque: con lei, nel dicembre 2009, lui si presenta in aula, il giorno in cui viene assolto in primo grado. La stampa prende nota mentre il pubblico a casa inevitabilmente rumoreggia. E la famiglia Poggi si chiude nel suo dolore. Lei, la nuova compagna, viene identificata solo con un nome: Serena. Nessuna intervista, nessun profilo pubblico. È la prima ombra sentimentale di un uomo che, a detta della Cassazione, ha ucciso la sua fidanzata storica. Il tempo passa, e altre immagini affiorano. Estate 2012: Stasi viene fotografato in Liguria, a Bergeggi, mano nella mano con un’altra giovane donna, capelli chiari, occhiali da sole, aria normale. Normale quanto si può esserlo se il proprio nome è legato a uno dei casi di cronaca nera più divisivi d’Italia. Il settimanale Oggi al tempo parlò di “una nuova fidanzata, studentessa di giurisprudenza”. Alessandra sceglie di non restare nell’ombra. Va oltre. Quando viene chiamata a testimoniare racconta un Alberto silenzioso, tormentato, vittima della gogna mediatica. Aggiunge che non l’ha mai visto violento, né irascibile. Dice che è “una persona buona”. Ma la sua voce finisce risucchiata dalla valanga giudiziaria. Un tentativo dimostratosi vano.


La relazione di Alberto con Alessandra prosegue per qualche tempo, ma si spegne prima della sentenza definitiva del 2015. Nessuna delle due compagne successive a Chiara viene coinvolta formalmente nelle indagini, nessuna è sospettata di nulla. Eppure, nella narrazione pubblica, la vita sentimentale di Stasi diventa materia di discussione e giudizio: come può un uomo che ha appena perso la sua fidanzata storica, in circostanze così violente, mostrarsi con un’altra donna? Come può tornare ad amare, prima ancora che il processo stabilisca la verità? Le risposte, forse, non interessano alla giustizia. Ma fuori dall’aula, restano scomode. Non perché un potenziale colpevole non possa rifarsi una vita, ma perché l’assenza di dolore visibile, la rapidità con cui si è accompagnato ad altre donne, è sembrata a molti un indizio più forte di qualsiasi traccia biologica. Oggi, della vita privata di Stasi si sa poco o nulla. Nessuna notizia di eventuali nuove compagne. Dopo la condanna, il silenzio più totale. Ma quelle immagini di Serena e Alessandra, nei corridoi del tribunale o sulla sabbia ligure, restano lì, incollate all’immaginario collettivo, come una seconda sentenza: quella dell’opinione pubblica, che non assolve e spesso non perdona...

