Trentadue minuti. È il tempo in cui Alberto Stasi e Stefania Cappa parlano da soli in una stanzetta della caserma dei carabinieri, quattro giorni dopo il delitto di Garlasco. Forse pensano di essere al sicuro, di potersi sfogare e confidarsi. Invece, sono intercettati. I primi sette minuti erano già venuti fuori: un abbraccio impacciato, la voce che trema, «non mi lasciano stare», «neanche a me». Eppure Chi l’ha visto, che già la scorsa settimana aveva fatto circolare il primo spezzone, ha mandato in onda la parte inedita. Venticinque minuti in cui Stefania Cappa e Alberto Stasi ragionano, immaginano, si addentrano nel buio. E qualcosa, forse, si muove. Siamo a metà agosto del 2007. I carabinieri li lasciano lì. Da soli. Per molto tempo.


Il video è disturbato, i toni bassi, le parole a volte sfuggono. Ma si intuisce chi guida la conversazione: non lui, condannato anni dopo a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Ma lei, Stefania, la cugina della vittima, mai indagata. Eppure, adesso, di nuovo al centro dei sospetti. È lei a insistere sull’ipotesi della rapina. Una delle piste battute nei primi giorni, prima che si chiudesse tutto su Stasi. «Può essere entrato qualcuno che sapeva che Chiara era sola». Alberto non è convinto. «Ma chi è che durante una rapina si prende anche il formaggio dal frigo?». Una frase così, nel mezzo del nulla. E forse per questo pesa ancora di più. Stefania non fa una piega: «Qualcuno che si è studiato la situazione e ha deciso di rapinare, punto». Si tocca la faccia, si stringe le mani, non sa più dove guardare. Poi lei lo incalza: «Com’era Chiara? Quando l’hai trovata?». «Era a pancia in giù sulle scale… aveva qualcosa di bianco sulla faccia», mormora lui. È come se la scena gli fosse ancora lì davanti, nitida, scolpita in testa.

