Daniela Ferrari è seduta davanti ai carabinieri del comando provinciale di Milano. Davanti a sé ha i militari che le chiedono conto di una mattina di diciassette anni fa: il 13 agosto 2007, quando Chiara Poggi venne trovata uccisa nella villetta di famiglia a Garlasco. Una domanda secca: “Signora Ferrari, ricostruiamo cosa è successo quella mattina?”. Lei abbassa lo sguardo e risponde: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. Ma è alla domanda successiva che accade qualcosa. Le chiedono se conosce una certa persona. Daniela prima risponde, poi cambia colore. “Mi sento male, vi prego, fatemi andare via”. Il verbale si chiude. L’accompagna fuori l’avvocato Angela Taccia, amica di famiglia e legale del figlio, Andrea Sempio, oggi indagato per il delitto di Chiara. Cos’è successo in quella stanza? Lo chiedono anche il giorno dopo, durante la trasmissione Lombardia Nera su Antenna 3, il giornalista Marco Oliva e Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo. L’avvocato Taccia risponde: “Le è stato fatto il nome di una terza persona. Una persona che non c'entra con il delitto, apparentemente. Una persona che né io né Andrea conosciamo. Ma attenzione: ho detto io e Andrea. Non ho detto anche la mamma”. È la prima crepa. Il nome è Antonio B., ex vigile del fuoco, il 13 agosto 2007 in servizio a Vigevano. Una vicina racconta che lui e Daniela sono amici d’infanzia, ancora oggi si seguono sui social. Nessun sospetto su Antonio, che ha già testimoniato. Ma le sue parole, secondo quanto emerge da Chi l’ha visto?, smonterebbero il racconto fornito dalla famiglia Sempio sulla mattina dell’omicidio.


Quel racconto, negli anni, era diventato un piccolo bunker difensivo. Andrea lo aveva ricostruito due volte: nel 2007 e poi nel 2008, quando finalmente qualcuno si decise a chiedergli dov’era quel 13 agosto. Disse di aver aspettato la madre (che aveva l’unica macchina di casa), rientrata alle 9.50. Poi sarebbe andato a Vigevano a cercare un libro. Scontrino alla mano: ore 10:18. Daniela Ferrari lo confermò: “Sono uscita alle 8.30 per cercare un telecomando a Gambolò, il negozio era chiuso, ho fatto la spesa, sono tornata alle 9.50. Alle 9.55 ho dato le chiavi ad Andrea”. Andrea parte. E l’orologio sembra collaborare. Tutto fila, se non fosse che la medicina legale non è d’accordo. Per il medico Marco Ballardini, Chiara è morta dopo le 10.30. La sentenza che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni, invece, si basa su un orario diverso: le 9.12. Una discrasia cronologica che pesa più di quanto sembri. Ora, con l’emersione della testimonianza di Antonio B., che avrebbe fornito un elemento in grado di smentire Daniela Ferrari, l’alibi comincia a scricchiolare. I carabinieri, blindati nel segreto istruttorio, stanno scavando di nuovo tra i ricordi, le smentite e, forse, qualche bugia. Perché inventarsi un giro a Vigevano in cerca di una libreria chiusa? Perché conservare uno scontrino con tanta cura? E chi era davvero con Andrea quella mattina? Nel frattempo riaffiorano altre ombre. Daniela Ferrari, in un’intervista, aveva detto che il figlio si era preparato all’interrogatorio del 2016 grazie a “carte passate dall’avvocato Tizzoni”, legale della famiglia Poggi. Poi ha ritrattato: “Ho detto una stupidata”. Tizzoni: “Falso. E anche se l’alibi di Sempio crolla, non cambia nulla su Stasi”. Dal canto suo, Giuseppe Sempio, il padre, continua a difendere il figlio: “Andrea era con me fino alle 9.55. Poi è tornata mia moglie, è andato a Vigevano. Quando è rientrato siamo usciti in macchina insieme. Abbiamo visto i carabinieri in via Pascoli. Andrea è sceso a guardare, è tornato e ha detto che avevano ucciso una ragazza. Ma per il resto, era con me”. Le indagini continuano, e con loro il dolore della famiglia Poggi. “Per noi si riapre una ferita ogni volta”, dice Rita Preda, la madre di Chiara. “Mi dispiace anche per la mamma di Andrea, che ho incrociato una sola volta. Ma non vedo perché avrebbe dovuto uccidere Chiara. Non c’era motivo”. Eppure, la verità su quella mattina resta ancora lì, chiusa tra orari sbagliati, testimoni reticenti e nuove domande. Quelle che fanno tremare le mani. Quelle che fanno svenire una madre.

