Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto del 2007. Ma oggi, sedici anni dopo quell’orrore, si torna a parlare di lui non per una nuova pista, ma per un’ipotesi che fino a pochi anni fa sembrava sepolta insieme ai dubbi rimasti fuori dalla sentenza definitiva: e se fosse innocente? La possibilità che il caso venga riaperto non è più fantascienza. Da mesi si rincorrono indiscrezioni su nuove istanze e accertamenti. E mentre fuori dal carcere di Bollate la vita è andata avanti, dentro Alberto continua a professarsi innocente. Ma se davvero un giorno la giustizia italiana riconoscesse che quell’uomo non doveva stare dietro le sbarre, cosa succederebbe? La prima domanda è brutale quanto inevitabile: la famiglia Poggi, che ha ricevuto un risarcimento dopo la condanna, dovrebbe restituire i soldi? Sì, in teoria potrebbe. Ma la realtà è più complessa. Dopo la condanna definitiva la Cassazione ha stabilito anche l’ammontare del risarcimento che Alberto Stasi, tramite i suoi legali e le assicurazioni, ha versato una somma alla famiglia di Chiara. Si parla di 850mila euro. Ma se un giorno dovesse arrivare una revisione del processo con l’assoluzione di Stasi, l’ingiusta detenzione non sarebbe l’unico punto sul tavolo. In linea teorica, la sentenza che ha riconosciuto il diritto al risarcimento verrebbe annullata. E quindi? Si apre il tema della ripetizione dell’indebito: chi ha ricevuto somme senza averne diritto, perché derivanti da una condanna poi cancellata, potrebbe essere tenuto a restituirle.


Attenzione, però: non è automatico. La famiglia Poggi potrebbe opporsi, aprendo un contenzioso civile. Servirebbe una nuova causa, con tutte le implicazioni del caso. Non solo legali, ma anche, e forse soprattutto, morali. Soprattutto non è detto che debbano restituire l’intera somma. In molti casi simili, i giudici stabiliscono che solo una parte del risarcimento va restituita, escludendo le somme coperte da assicurazione o riconoscendo comunque un “danno da perdita” a prescindere dalla colpevolezza dell’imputato. Insomma, la questione è più che scivolosa. È una mina legale ed emotiva. Ma c’è anche l’altro lato: Stasi potrebbe chiedere un risarcimento allo Stato per ingiusta detenzione? Sì, e con buone probabilità di ottenerlo. Secondo la legge italiana, chi è stato privato della libertà personale in seguito a una condanna poi annullata ha diritto a un risarcimento. Si parla anche qui di centinaia di migliaia di euro, a seconda della durata della detenzione e delle condizioni carcerarie. Il paradosso, quindi, sarebbe completo: la famiglia Poggi potrebbe trovarsi, se non a restituire soldi, quantomeno a vedere riconosciuto un risarcimento a favore dell’uomo che ritiene (ancora oggi) responsabile della morte della figlia. E lo Stato, dopo averlo messo in carcere per un decennio, potrebbe essere costretto a pagarlo. La giustizia, insomma, ha le sue regole. Ma quando si incrociano con storie come questa, quelle regole fanno rumore e stridono. Perché se anche una sentenza può cambiare, il dolore di una famiglia e il sospetto che aleggia intorno a un nome, in questo caso quello di Alberto Stasi, sono ferite che restano.

